Mandylion, affresco, nicchia nella parete absidale, 1329, chiesa di San Giovanni Evangelista, San Cesario di Lecce (Le), Italia.
“L’immagine è incastonata entro una piccola nicchia che si apre nella parete absidale della chiesa di San Giovanni Evangelista a San Cesario di Lecce: l’edificio, che ha subito nel corso dei secoli un ribaltamento dell’asse, tant’è che l’entrata principale attualmente si apre al centro dell’originale abside oggi scomparsa, fu innalzato nel 1329 su committenza di un esponente del clero di Sternatia (Lecce), come recita un’iscrizione in greco campita sull’attuale parete sinistra. La posizione del Mandylion è di grande interesse in quanto sembra trattarsi di un unicum iconografico dato che, come si è detto, l’immagine appare inalveolata entro una nicchia quadrata, posta sulla originaria parete absidale a sinistra: si tratta della nicchia della prothesis, dove il diacono preparava laprosphorà, il pane liturgico.
L’associazione fra il Mandylion e l’Eucarestia in questo caso appare rafforzata dalla sistemazione della copia della reliquia direttamente nella nicchia, e non sopra, come si verifica talvolta in Cappadocia, dove peraltro si registrano alcuni casi di immagini di Cristo a mezzo busto dipinte nello stesso incavo della medesima prothesis. A San Cesario di Lecce il Volto di Cristo si manifesta sopra una tovaglietta di lino sfrangiato alle estremità laterali; le frange sono nere, come in altre immagini della reliquia, e potrebbero alludere, secondo Herbert Leon Kessler, alla cortina del tempio di Gerusalemme, com’è indicato in alcuni testi: l’ovale è allungato, con grandi occhi chiari, quasi ipnotici, posti in evidenza da spesse arcate sopracciliari, le quali si saldano a una lunga e stretta canula nasale che giunge fino alle labbra a segnare il modulo allungato del volto. Quest’ultimo, dal colorito caldo e dall’epidermide compatta, appare solcato da spesse lumeggia ture che ne sottolineano i tratti salienti; la capigliatura è gonfia, bruna, dalle ciocche rese con sottili pennellate parallele, la barba è a punta: insomma si tratta della iconografia, oramai canonica, del Mandylion bizantino. Del resto il ciclo di dipinti murali che si dispiega sulle pareti della chiesa, all’analisi stilistica e iconografica, appare ancora legato a questa stessa tradizione ed è accompagnato da iscrizioni in greco a partire da quella dedicatoria; così anche in gran parte di origine orientale, tranne alcune eccezioni, sono i santi campiti sulle pareti, al di sotto del ciclo cristologico. Presso il Mandylion, a destra, si notano labili tracce, forse da riferire a un clipeo che doveva contenere le ultime due lettere del monogramma di Cristo in greco, come si nota in altre immagini della sacra reliquia.
[…] E’ possibile ipotizzare che ai lati dell’abside in alto prendesse posto l’Annunciazione, tenuto anche conto del fatto che il ciclo cristologico inizi sulla parete destra con la Natività […] In tal caso la presenza del Mandylion nella nicchia della prothesis obbedirebbe non solo all’associazione con l’Eucarestia, ma anche al suo stretto legame con l’Incarnazione, di cui è testimone indiscutibile, sottolineandone le origini squisitamente orientali. E ancora si potrebbe ipotizzare la presenza nel catino di unaDeesis, immagine protagonista di questo significativo spazio nei contesti bizantini dell’Italia meridionale: come in Georgia, dove il Mandylion è spesso associato alla presenza della Deesis nel catino absidale, anche in questo caso l’ubicazione e il significato della reliquia verrebbero a riflettersi pienamente in questa scena di intercessione per antonomasia.”
Marina Falla Castelfranchi, Il Mandylion nel Mezzogiorno meridionale, in Intorno al Sacro Volto. Genova, Bisanzio e il Mediterraneo (secoli XI-XIV), a c. di A.R. Calderoni Masetti, C. Dufour Bozzo, G. Wolf, Venezia 2007, pp. 192-194.
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