1450-1520

Tabernacolo eucaristico, tabernacolo, rilievo in marmo bianco, 1450-1520, parrocchiale di San Giovanni Battista, Eredita, Ogliastro Cilento (Sa), Italia.

Nella piccola frazione di Ogliastro Cilento, Eredita, si conserva un capolavoro di arte scultorea rinascimentale, realizzato entro la prima metà del XVI secolo. L’opera è nella chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista, al centro dell’altare maggiore: è uno straordinario tabernacolo eucaristico rinascimentale marmoreo, di notevole fattura. È opera di un artista ancora anonimo, ma informato sugli esiti stilistici della scultura tra Quattrocento e il primo trentennio del Cinquecento. Il tabernacolo di Eredita mantiene la sua originaria destinazione d’uso, conservare le Ostie Sacre all’interno del vano centrale, chiuso da una porticina. In origine, come altri, doveva essere murato su una parete del presbiterio. Il frontale architettonico fu smontato e successivamente rimontato sull’altare maggiore. Il 21 aprile 1698 la chiesa fu visitata dal vicario vescovile de Pace. Nella relazione d’ufficio citò «l’altare maggiore con custodia lignea». Successivamente, il 15 febbraio 1747, la chiesa fu visitata da mons. Raymondi. Egli affermò, nella propria relazione, che sull’altare maggiore vi era il Santissimo Sacramento «in ciborio di marmo».


Lo smontaggio, lo spostamento del tabernacolo e la ricollocazione sull’altare maggiore sono avvenuti presumibilmente nell’arco di tempo racchiudibile tra il 1698 e il 1747. Il tabernacolo cilentano di Eredita appartiene agli arredi liturgici secondo il modello detto “a frontale architettonico”, con camera prospettica. Questo tipo di arredo è presente nella scultura del Rinascimento e trova in area toscana i primi importanti esempi, poi diffusi un po’ in tutte le aree geografico-culturali italiane. I tabernacoli eucaristici sono documentati nelle chiese tra la metà del XV secolo e il termine del secolo successivo. A Eredita, il tabernacolo presenta la tipologia del frontale con camera prospettica centrale, inquadrata tra due lesene, definita in basso da un pavimento liscio, in fuga prospettica centrale, e in alto da un soffitto piano a cassettoni, in prospettiva, con fiori, che si congiunge con la parete centrale di fondo. Al centro della parete di fondo della camera prospettica, vi è un elegante portale sormontato da un arco di scarico, con cornice decorata. Contiene una pregevole figura di Cristo in Pietà. Il tabernacolo ci ricorda i modelli scultorei toscani e romani, vicini, per esempio, allo stile di Donatello o di Desiderio da Settignano o, ancora, a quello di Mino da Fiesole. La resa anatomica del corpo di Cristo è davvero straordinaria. Gesù è seduto sul bordo del proprio sepolcro, anatomicamente è raffigurato con un corpo da “atleta” classico. È “monumentale” anche se si tratta di un’immagine racchiusa in un piccolissimo spazio. La luce accarezza il corpo di Cristo, evidenzia la plasticità dei muscoli e la corretta resa anatomica. Ai lati della porta vi sono archi dai quali si affacciano due angeli con le braccia incrociate sul petto, in adorazione del Santissimo Sacramento. Al centro del soffitto a cassettoni, dall’alto, scende lo Spirito Santo, sottoforma di Colomba dalle ali spiegate. Anch’essa è ben resa dal punto di vista scultoreo e anatomico. Nei pennacchi angolari, di raccordo tra la lunetta che contiene la figura di Cristo e il soffitto piano in prospettiva, vi sono, a destra e a sinistra, due putti reggifiaccola. Lo scomparto centrale è racchiuso tra due lesene scolpite a bassorilievo, con simboli e motivi iconografici che richiamano i momenti della passione e morte di Cristo. La base del tabernacolo è costituita da un’elegante trabeazione aggettante, decorata da un festone fitomorfico continuo, a bassorilievo. Nello spazio sottostante vi è una testa di cherubino. Nella parte alta, al di sopra dei semicapitelli delle lesene, c’è la trabeazione decorata con il motivo classico delle fuseruole. La parte alta del tabernacolo presenta una conchiglia decorativa ad arco fortemente ribassato, che ai lati si conclude con due classicheggianti volute. (nota di Gerardo Pecci su Salernosera.it)

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