Francesco Bartolo da Buti, Commento sopra la Divina Commedia, 1394-1395, Pisa, Italia.
Viene a veder la Veronica nostra: cioè viene a vedere lo volto santo, che si dimostra a Roma che si chiama Veronica: imperò che santa Veronica di Ierusalem fu quella femina, che ebbe grande devozione a Cristo, e pertanto ella lo seguitò là unqua andava; und’ella, vedendo cristo fatigato o per l’andare o per lo predicare o per la turba che li era intorno, tanto che fortemente sudava, ella li porse uno suo sudario di sendado, e Cristo sel fregò al volto, et in esso rimase impressa la figura del suo volto. E perché questa donna ebbe nome Veronica, però fu chiamato questo sudario Veronica; e questo sudario, nel quale era figurata la faccia di Iesu, si legge mandato da lui al re Abgaro, re de la città Edessene, città d’Asia che desiderava di vederlo; e l’imbasciadori che lo portavano, quando furno a la casa del re, l’appiattorno sotto uno coprimento e velo, e per divino miraculo rimase impressa questa medesima figura nel detto coprimento e nel velo: poi fu portato questo sudario a Roma, e quine si mostra; e lo coprimento, in che rimase figurato lo volto di Cristo, rimase in edessene, e quine ancora si mostra; e questo dice una epistola di papa Adriano, mandata a Carlo imperadore; e bene dice l’autore nostra, a differenzia di quella che rimase in Edessene.
È singolare nel commento di Francesco da Buti, l’identificazioni della Veronica come una copia per impressione dell’Immagine Edessena. Francesco da Buti potrebbe avere avuto accesso a una copia della redazione “Armena-latina” del racconto del mandylion che parla di copie replicate per impressione. Un manoscritto di questa redazione era infatti presente nella biblioteca di Tedaldo della Casa, un francescano legato da rapporti di amicizia con Francesco da Buti.
Segnalato da Michele Colombo
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