1956

Eugenio Montale, Iride, in La Bufera e altro, poesia, 1956, Venezia, Italia. Neri Pozza Editore.

Iride

Quando di colpo San Martino smotta
le sue braci e le attizza in fondo al cupo
fornello dell’Ontario,
schiocchi di pigne verdi fra le cenere
o il fumo d’un infuso di papaveri
e il Volto insanguinato del sudario
che mi divide da te;

questo e poco altro (se poco
è un tuo segno, un ammicco, nella lotta
che mi sospinge in un ossario, spalle
al muro, dove zàffiri celesti
e palmizi e cicogne su una zampa non chiudono
l’atroce vista al povero
Nestoriano smarrito);

è quanto di te giunge dal naufragio
delle mie genti, delle tue, or che un fuoco
di gelo porta alla memoria il suolo
ch’è tuo e che non vedesti; e altro rosario
fra le dita non ho, non altra vampa
se non questa, di resina e di bacche,
t’ha investito.
***
Cuore d’altri non è simile al tuo
la lince non somiglia al bel soriano
che apposta l’uccello mosca sull’alloro;
ma li credi tu eguali se t’avventuri
fuor dell’ombra del sicomoro
o è forse quella maschera sul drappo bianco,
quell’effige di porpora che t’ha guidata?

Perché l’opera tua (che della Sua
è una forma) fiorisse in altre luci
Iri del Canaan ti dileguasti
in quel nimbo di vischi e pungitopi
che il tuo cuore conduce
nella notte del mondo, oltre il miraggio
dei fiori del deserto, tuoi germani.

Se appari, qui mi riporti, sotto la pergola
di viti spoglie, accanto all’imbarcadero
del nostro fiume – e il burchio non torna indietro,
il sole di San Martino si stempera, nero.
ma se ritorni non sei tu, è mutata
la tua storia terrena, non attendi
al traghetto la prua,

non hai sguardi, né ieri né domani;

perché l’opera Sua (che nella tua
si trasforma) dev’esser continuata.

Segnalato da Manu


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