1994

Jan Dobraczyński, La porta dei cieli, romanzo, 2005, Milano, Italia. Gribaudi, pp. 85-86 e 94.

Un giorno comparve da Miriam la bionda Veronica di Cana. Miriam non la vedeva da quasi tre anni, dall’epoca della trasformazione dell’acqua in vino, avvenuta il giorno delle sue nozze. L’aveva vista soltanto quell’orribile giorno del supplizio di Gesù. Ricordava che quando Gesù aveva lasciato la porta dell’Antonia, quasi subito era caduto sotto il carico della trave della croce che portava sulle spalle. Si era levato un forte grido. I soldati urlavano che si alzasse, la folla scagliava pietre su di Lui che era a terra. E allora dalla folla era uscita di corsa una donna dai capelli chiari e con un fazzoletto che teneva tra le mani aveva deterso il viso di Gesù che si stava rialzando. Fu immediatamente scacciata. Uno dei soldati l’afferrò brutalmente per i capelli, un altro la colpì sulla schiena con la lancia. Ma Gesù, dopo essersi rialzato, camminò con passo un poco più sicuro rispetto a prima. La blasfema corona di rami spinosi, conficcata in capo dai soldati, aveva provocato un sanguinamento così abbondante che non vedeva nulla.

“Devo ringraziarti, Veronica, per quello che hai fatto per mio Figlio in quel giorno tremendo. Io ho visto. Sei stata coraggiosa e so che in cambio della tua azione non ti è toccato niente di buono”.

Veronica tese la mano al cesto con il quale era venuta. Ne estrasse un fazzoletto bianco.

“Lo riconosci, vero? È proprio quello che mi hai offerto il giorno delle mie nozze. Proprio con questo ho deterso il sangue dal viso del Maestro. E quando sono tornata a casa, ho dispiegato il fazzoletto, guarda cosa ho visto.”

Dispiegò lentamente il fazzoletto. Miriam emise un grido; sul fazzoletto era impresso il viso del Maestro, inondato di sudore e di sangue, recante i segni dei colpi e della sofferenza. Sul sopracciglio sinistro era sospesa una greve, rossa goccia di sangue.

“Quando l’ho visto, anch’io ho gridato come Te adesso, Miriam – disse Veronica – Di certo questo non l’ha fatto una mano umana. Avevo paura di mostrarlo a chiunque. So che voi giudei non permettete che siano riprodotte le sembianze umane. Avevo paura che mi ordinassero di distruggerlo. Ho osato mostrare il fazzoletto soltanto a mio cugino, che è greco anche lui e presta servizio a Cafarnao. Non so se Tu sappia che un anno fa, mentre il Maestro era a Cana, mio cugino era andato da Lui chiedendogli di guarire il suo figliolo ammalato. Disse: ‘Tuo figlio è guarito’ e alla stessa ora aveva veramente recuperato la salute. Ma anche mio cugino non sapeva come comportarsi. Per questo sono venuta da Te col fazzoletto”.

“Qui, nella stanza di sopra, abita il medico Luca, un greco di Antiochia. Ha espresso il desiderio di seguire il Maestro e di proclamare la Sua dottrina tra i greci e i romani. Va’ da lui, mostragli il fazzoletto. Mi pare che la cosa migliore sarà se lui lo porterà con sé ad Antiochia. Ha intenzione di recarsi là tra poco e vuole portare con sé Marco. Questo fazzoletto lo aiuterà a parlare a gente di fede diversa.”

“Bene, Miriam. Parlerò con questo medico e gli affiderò il fazzoletto”.

[…]

“Ecco che è accaduto ciò che Tuo figlio aveva promesso – affermò Luca. – Sono diventato uno dei Suoi discepoli e Lo servirò come meglio potrò. Voglio prendere congedo da Te, Miriam. Me ne vado insieme a Marco ad Antiochia. Là, entrambi racconteremo del Maestro. Finirò anche la lettera che ho iniziato per Teofilo, nella quale narro la vita e la dottrina del Maestro. Porto con me anche il fazzoletto sul quale si trova la miracolosa immagine del Suo viso. Che coloro ai quali mi rivolgerò vedano che aspetto aveva, quando si offrì per noi. Allora crederanno più facilmente che è risorto.”

Edizione originale del 1994

Segnalata da Cate


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