Karol Wojtyla, La redenzione cerca la tua forma per entrare nell'inquietudine di ogni uomo, in Tutte le poesie, Corriere della Sera, pp. 63-68, 2005, Milano, Italia.
LA REDENZIONE CERCA LA TUA FORMA PER ENTRARE NELL’INQUIETUDINE DI OGNI UOMO
I. Veronica
1.
Dentro di me si trasformano sempre i contenuti quotidiani
sempre cercano la foce, come un fiume
tratto in basso dal proprio peso
–
qua la terra passa sempre, restano i contenuti quotidiani;
tra me e la terra è insieme continuità e iato,
la più bizzarra crepa dell’universo
il quale forse non cerca un compimento,
mentre io, l’uomo, lo devo cercare come il fiume cerca la foce.
Durante la ricerca si trasformano sempre i contenuti quotidiani
– sarà foce il pensiero?
2.
(Più leggero di tutti gli elementi della terra
e da quelli diverso;
essi vi trovano una loro immagine,
ma ne rimane fuori, come specchio
fisso su tutti i misteri,
occulto anello d’ogni compimento:
grazie al pensiero sempre rientro in me stesso
e sempre me ne allontano:
esisto anche in ogni altra cosa,
com’essa esiste in me.)
3.
Grazie al solo pensiero il mondo non si avvia nel paese dei puri significati,
né vi si avviano gli animali, gli uomini o i fiori nei vasi
o i fiori di campo dell’umana solitudine
né le gocce di sangue sulla fronte dell’uomo martoriato –
il paese dei significati incontra ad ogni angolo retto
l’amore imperscrutabile
e diviene il gradino che a esso conduce,
il suo ingresso.
4.
Attendo qui le tue mani cariche dei lavori d’ogni giorno,
attendo qui le tue mani che reggono un semplice panno.
Nel paese dei più profondi significati porta le tue mani, Veronica,
porta le tue mani
e tocca il volto dell’uomo.
5.
(Tu non desideri neppure un istante che il tuo gesto non sia chiamato quotidiano;
se lo desiderassi, il tuo gesto non sarebbe più quello.)
II. SORELLA
1.
Stiamo crescendo insieme.
Crescere verso l’alto: lo spazio del verde sostenuto dal cuore
va incontro al turbamento del vento
che improvviso si getta nel fogliame.
Crescere verso il fondo: crescere, no, scoprire
a che profondità tu hai posto le radici
che ancora più nel fondo…
Ci muoviamo nella penombra delle radici
sprofondate nel suolo comune.
Faccio il confronto con le luci in alto:
riflesso d’acqua sugli orli del verde.
2.
Nessun uomo trova spianati i sentieri.
Veniamo al mondo
simili a un cespuglio che può ardere come il roveto di Mosè
oppure inaridirsi.
Sempre vanno riaperti i sentieri perché non tornino a chiudersi
sempre vanno riaperti finché non siano diritti
nella semplicità e maturità d’ogni istante:
ecco, ogni istante si apre al tempo intero,
scavalca se stesso
e tu trovi un seme d’eternità.
3.
Quando ti chiamo sorella
io penso che ogni incontro
non solo ha in sé l’insieme degli istanti passati
ma il seme stesso dell’eternità.
III. Il Nome
1.
Nacque il tuo nome tra la gente che per prima vide il sentiero che tu percorrevi, dove ti aprivi un varco.
Nella folla in cammino verso il luogo del Supplizio – ti apristi un varco a un tratto o te lo aprivi dall’inizio?
E da quando? – dimmelo tu, Veronica.
Nacque il tuo nome nello stesso istante in cui il tuo cuore divenne l’effige: effige di verità.
Nacque il tuo nome da ciò che fissavi.
2.
Così intenso il tuo desiderio di vedere, sorella,
così intenso il tuo desiderio di sentire che il tuo sguardo è arrivato,
così intenso il tuo desiderio di sapere che l’effige
è nel cuore,
la visione è uno spazio dell’anima.
3.
Dici allora:
voglio essere vicina, così vicina
che nessun vuoto si presenti in un distacco da Te,
che la Tua assenza non ritorni con la negazione di me stessa
– per questo sto correndo, il cuore si apre un varco
nel buio della vicinanza.
4.
Nessuno ti ha fermata, Veronica.
Sei vicina. Il tuo panno è ora un grido dei cuori,
di tutti i cuori timidi che più non si aprono un varco
vedendo che il tuo cammino è parallelo
alla strada del Condannato.
IV. REDENZIONE
1.
Ormai sono passati tutti, tu resti sola.
Su quel panno v’è il segno del contatto, lì ti ripari dalla tua stessa forma.
Una forma di vita con cui non puoi sentirti d’accordo.
Dalla crepa in cui sfugge quello che vi è di più intimo.
2.
Vicinanza che ridona la forma.
Lui è partito. Se un uomo parte, la vicinanza s’invola come un uccello: nella corrente del cuore resta un vuoto dove irrompe la nostalgia.
Nostalgia: fame di vicinanza.
L’immagine non basta, è un segno di lontananza.
La REDENZIONE è la perenne vicinanza dell’amato.
3.
Lontananza:
rimanere con l’inquietudine della forma
che nessuno sguardo può raggiungere dentro,
nessun Volto.
Vicinanza:
sei partito, eppure ancora mi attraversi, con lo sguardo lontano che irraggia dal Volto impresso nel panno fai sorgere la pace di cui va sempre in cerca la mia forma inquieta.
Pace: unità dell’esistenza.
4.
La tua figura, Veronica, ancora si staglia sullo sfondo del giorno morente.
Cerca la quiete nella fonte feconda.
La chiamerò redenzione.
Il panno che fra le tue mani si oscura attira a sé tutta l’inquietudine del mondo.
Ogni creatura chiederà della fonte feconda che da te sgorga.
Veronica sorella –
La Redenzione cercava la tua forma per entrare nell’inquietudine d’ogni uomo.
[1978]
Karol Wojtyla
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