1289

Gertrude di Helfta, Venerazione al S. Volto nella II domenica dopo l’Epifania, in Legatus divinae pietatis, Libro IV, capitolo VII, 1289.

La devozione alla Veronica attribuita a Gertrude di Helfta (1256-1302) si trova nel testo Legatus divinae pietatis, basata su visioni e audizioni che cominciarono nel 1289. L’opera è basata sull’anno liturgico e, la festa del Volto Santo, che cade nella seconda domenica dopo l’Epifania, è nel Libro Quattro. La Veronica è il punto di partenza per un processo di redenzione: Gertrude definisce i gesti di chi si converte come un’imitazione della fedele di Roma che desidera vedere il Volto amatissimo del Signore (immagine amantissimae faciei Domini videre desiderantium).

Gertrude “ottiene” per le monache l’esperienza, a loro impossibile, del pellegrinaggio. Prostrandosi ai piedi di Cristo, come la Maria Maddalena, mette in contrasto la propria bruttezza (dovuta al peccato) e la bellezza trascendentale del Volto di Cristo. Nella devozione di Gertrude la meditazione e la penitenza sono legate strettamente alla Comunione. La Veronica non è solo un simbolo, ma prende il posto della presenza di Cristo. Alla fine della visione Gertrude e le sue sorelle sono coperte da un tessuto bianco, simbolo della Veronica.

La visione termina con una benedizione e una promessa:

«In seguito il dolcissimo Signore, trasportato dalla sua naturale bontà, alzò la sua sacratissima Mano, dicendo: “Tutti coloro che attratti dal mio amore, onoreranno il mio Volto riceveranno, in virtù della mia Umanità, l’impressione viva e luminosa della mia Divinità. Questa luce rischiarerà le profondità della loro anima e, nell’eterna gloria, la Corte celeste ammirerà nei loro lineamenti, una speciale somiglianza col mio stesso Volto”.»

Gertrude allude a 2 Cor 4, 4.6 e Genesi 1,26. La Veronica, immagine di presenza, serve da nesso tra ricordo del passato e promessa per il futuro.  La visione faccia a faccia non è un puro atto intellettuale: è uno scambio reciproco e amoroso, attraverso il quale l’anima ritrova l’impressione, la sembianza o somiglianza dell’immagine originale.

Alcune delle idee della visione di Gertrude si trovano nell’inno Salve sancta facies, che fu però composto almeno dieci anni dopo la sua morte. Probabilmente Gertrude si è basata sul breve Ufficio attribuito a Papa Innocenzo III. Nelle Ore di Jolanda di Soissons – contemporaneo al Legatus di Gertrude – l’immagine è di fronte all’Ufficio attraverso un’apertura, che forma un dittico devozionale. L’Ufficio si apre con una supplica dal Salmo 66,1  e una citazione del Salmo 4,7. Segue la preghiera composta da Innocenzo III: “O Dio, che ci segnasti con la luce del Tuo Volto, e ad istanza della Veronica, come ricordo, ci lasciasti la Tua Immagine impressa nel sudario; concedi ti preghiamo, per la tua passione e morte, di adorarti, venerarti e onorarti, in enigma e specchio in terra, affinché possiamo vederti sicuri, faccia a faccia, quando verrai come nostro giudice, Gesù Cristo nostro Signore”.

L’Ufficio paragona la Veronica allo speculum in enigmate, il vetro opaco attraverso cui vediamo ora. Gertrude unisce i due aspetti dell’immagine che erano normalmente distinti: gli enigmatici colori scuri e la Sua luminosa chiarezza  (ad esempio, l’Ave facies praeclara – associato a Papa Innocenzo IV – sottolinea quanto il Volto di Cristo fosse reso scuro dall’ansia, mentre il Salve Sancta Facies sottolinea la luminosa bellezza del Volto di Cristo). Invece di cercare di riconciliarli, Gertrude insiste sulla loro essenziale unità, come in Cristo ci sono la Passione e la Risurrezione, la Sua umanità e la divinità, la Veronica è al contempo divina e umana. La Veronica è sì una immagine di Cristo durante la Sua Passione, ma anche un’immagine fuori dal tempo. Essa dà la possibilità di trascendere la sofferenza ed innalzarsi alla visione di Dio faccia a faccia. Per Gertrude è un’immagine con un potere purificante e trasformatore.

Cfr. Jeffrey F. Hamburger, The Visual and the Visionary Art and Female Spirituality in Late Medieval Germany, ZoneBook-New York, 1998.

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Gertrude

Le ‘Rivelazioni’ sono costituite da cinque libri, di cui solo il secondo è scritto da Gertrude, gli altri sono stati redatti dopo la sua morte a partire da suoi appunti e racconti. Il «Liber legationis divinis pietatis» (Araldo del divino Amore) venne pubblicato nel 1505 a Leipzig dietro la richiesta della duchessa di Sassonia, ma la redazione conteneva numerose imperfezioni. La prima pubblicazione accurata fu quella di Colonia del 1536, curata dai Certosini Lanspergio e Loher, ebbe un successo enorme, e venne rapidamente tradotta in mol­te lingue.

Le mistiche Gertrude di Helfta, Mechthild di Hackeborn e Giuliana di Norwich, offrono i primi e più estesi commenti sul sudario romano. Nessuno di questi testi è citato nella monumentale storia dell’immagine scritta da Ernst von Dobschütz, pubblicata nel 1899, considerata la pietra angolare degli studi sul Volto Santo.


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