1506

Volto Santo di Manoppello, 1506, Basilica del Volto Santo, Manoppello (Pe), Italia.

Foto di Paul Badde

Il Volto Santo di Manoppello è un volto di Cristo dalle caratteristiche uniche conservato da quattro secoli nella chiesa del convento dei Cappuccini, ora Basilica del Volto Santo. Posizionato nel tempietto sopra l’altare con le due facce esposte alla luce il Volto Santo appare tenue e trasparente come una diapositiva, ugualmente visibile sulle due facce del velo. Il volto, costituito dalla variazione di un solo colore (rosso o grigio nelle diverse condizioni di luce), fa corpo unico col tessuto e sparisce nella trama se osservato frontalmente. Il volto mostra i segni di sofferenza del Cristo passionato come la guancia colpita da Malco e la bocca gonfia. La sofferenza è però rappresentata in modo unico rispetto alle opere quattrocentesche o più tarde: non vi è infatti alcuna enfasi o aggiunta di gocce di sangue o spine. L’impressionante vivezza del viso può essere data dalla doppia immagine ben leggibile su entrambe le facce a seconda dell’illuminazione. Il viso esposto alla luce frontale appare severo, la bocca è aperta e sono ben visibili le due arcate dentali. Quando esso è invece attraversato dalla luce, le labbra appaiono più gonfie, in particolare il labbro superiore, mentre i denti sono solo accennati come punti chiari su fondo scuro. Ulteriore motivo di questa impressione di movimento che l’immagine restituisce all’osservatore potrebbe essere la sproporzione anatomica del volto che costringe chi guarda a un aggiustamento continuo.

Nel 1999 padre Heinrich Pfeiffer avanzò l’ipotesi che il velo potesse essere la veronica romana, l’ipotesi non ha sinora trovato significative conferme.

Nel 2006, la visita di Benedetto XVI  a Manoppello nel cinquecentenario dell’arrivo del velo in Abruzzo, ha convogliato su di esso l’attenzione della comunità internazionale.

Il tessuto

Nel 2007 era stata avanzata l’ipotesi che il tessuto potesse essere  bisso marino, ipotesi che non è stata però confermata dagli ultimi studi pubblicati che ritengono il tessuto bisso di lino. (Cfr. L. De Caro, E. Matricciani, G. Fanti, Imaging Analysis and Digital Restoration of the Holy Face of Manoppello—Part I).

La tecnica

Non ci sono pervenute altre opere realizzate come il velo di Manoppello su un tessuto senza alcuna preparazione e dalla trama così rara. Per Erwin Pokorny potrebbe essere un’opera tedesca di influenza olandese realizzata attorno al 1500 secondo la tecnica dei tüchlein. Diffusi nel Quattrocento e nel Cinquecento nelle Fiandre e in Germania, i tüchlein (tüch, tessuto, e lein, lino) sono realizzati a tempera magra su tela di lino. Data l’estrema deperibilità di questi manufatti le testimonianze materiali della tradizione sono oltremodo rare. L’unica eco in letteratura di un dipinto dalle caratteristiche simili al velo di Manoppello è la citazione del Vasari di un dipinto che Dürer inviò a Raffaello: “e’ gli mandò la testa d’un suo ritratto condotta da lui a guazzo su una tela di bisso, che da ogni banda mostrava parimente e senza biacca i lumi trasparenti, se non con acquerelli di colori era tinta e macchiata, e de’ lumi del panno aveva campato i chiari”. (Cfr. Erwin Pokorny, Die Tüchleinmalerei und der Schleier von Manoppello).

La storia

L’unico documento sull’arrivo del velo a Manoppello è la Relatione Historica redatta dal predicatore cappuccino padre Donato da Bomba tra gli anni 1642-1645. La relazione è stata pubblicata nel 2016 a cura di E.Colombo e M.Colombo.

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In essa si narra che il Volto Santo è arrivato a Manoppello agli inizi del 1500 offerto da un misterioso pellegrino al medico Giacomantonio Leonelli nella chiesa matrice intitolata a San Nicola di Bari. Dopo circa 100 anni l’immagine viene venduta a Donato Antonio De Fabritiis, notabile del luogo, da Marzia Lionelli, bisognosa di denari per aiutare il marito in carcere. De Fabritiis nel 1638  dona il velo ai frati cappuccini di Manoppello. La presenza dei Cappuccini era stata richiesta dalla cittadina di Manoppello nel 1616 e i lavori per la costruzione del Convento e della chiesa erano iniziati nel 1620. La Relatione di padre Donato da Bomba che racconta la storia del velo e ne ratifica la donazione ai Cappuccini viene letta e autenticata con lettura pubblica nel 1646. Il verbale su pergamena, oggi conservato dai Cappuccini a L’Aquila, reca le firme di 13 anziani e notabili, insieme a quelle del De Fabritiis e del padre Donato Da Bomba. In quell’occasione, per la prima volta, il velo viene esposto alla pubblica venerazione. Inizialmente il velo viene conservato in uno stipetto chiuso a fianco dell’altare. Dalla Relatione di Donato Da Bomba si deduce che viene mostrato solo a chi ne fa richiesta. Solo quarant’anni dopo, nel 1646, verrà realizzata una cappella laterale per conservare l’immagine, visibile ai fedeli solo in alcuni giorni l’anno. Per quasi 400 anni il velo è stato oggetto della pietà locale. Sono state rinvenute solo rare tracce indicative di una devozione al velo di Manoppello nelle chiese della Diocesi di Chieti-Vasto e nei conventi della Provincia dei Cappuccini.

Il mesiodens

Nel 2023 Marco Bussagli identifica nella bocca socchiusa del Cristo di Manoppello il mesiodens. (Cfr. Marco Bussagli, Il male in bocca, Medusa 2023) La particolarità dell’opera, il doppio disegno sulle due facce, l’aspetto profondamente diverso a secondo dell’illuminazione, la distorsione del tessuto rende difficile definirlo con sicurezza. L’artista sembra comunque aver delineato solo due incisivi. Secondo Liberato De Caro, rispetto ai due vertici dell’arco di Cupido gli incisivi non sono completamente asimmetrici. Nelle immagini a più alta definizione il quinto incisivo sembrerebbe un’illusione ottica amplificata dalla distorsione dell’immagine a causa del cedimento della trama sottile.

L’errore nell’aspetto dei denti era già stato rilevato nel 2013 da Matthias Henrich. Il tedesco aveva inviato una riproduzione del velo a un ispettore della LKA di Mainz chiedendo una verifica biometrica. Il computer non riconobbe l’immagine come la foto di un viso a motivo degli errori anatomici del velo. Tra gli errori Henrich annota che gli incisivi non sono centrati rispetto all’arco di Cupido; la punta del naso e l’arco di Cupido dovrebbe essere allineati verticalmente, nel velo non lo sono per la distorsione del tessuto, ma se il tessuto non fosse distorto gli incisivi sarebbero ancora meno allineati alla verticale. Inoltre il sopracciglio destro corre nella direzione sbagliata, un errore curiosamente riscontrato in alcune opere della bottega di Lucas Cranach. (Cfr. Shroud.com More on the Manoppello)


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