Urbano VIII, Proibizione di ritenere o realizzare copie de la vera Sacra Imagine del Volto Santo che si osserva nella Basilica di S. Pietro con macchie e lividi di sangue di sudori e di percosse, Copia di due lettere circolari spedite dalla Congregazione dei Vescovi e Regolari, riunitasi in casa del Cardinal Domenico Ginnasi, 1628, Città del Vaticano. Archivio Segreto Vaticano, Congregazione Vescovi e Regolari, Reg.Espicop 74 (1628), c.78v-79v (cfr. n. 18).
Probabilmente in seguito all’inflazione di copie della nuova Veronica realizzata da Pietro Strozzi, papa Urbano VIII – che nel 1625 aveva autorizzato la realizzazione di una copia – ribadì la norma concernente la proibizione di riprodurre la reliquia. Il 14 luglio 1628 la Congregazione dei Vescovi e Regolari spedì alle maggiori sedi arcivescovili d’Italia una lettera, redatta dal cardinal Spada, con l’ordine di avvertire:
I parrocchi e confessori così secolari, come regolari delle città, e diocesi loro che […] nessuno di loro, mentre non habbia espressa licenza di questa Santa Sede può far per sé o per mezzo d’altri copia anco copia benché più volte reiterate della suddetta Sacra Imagine, né ritenerla appresso di sé e d’altri a sua requisitione senza incorrere nella scomunica, che la S.tà Sua ha imposto in questo caso contro i trasgressori riservarne a sé medesimo l’assolutione, e che però debbano quanto prima haverle consegnate in mano de Confessori predetti o predicatori, et essi in mano di V.S. o di loro Ordinari, i quali habbiano poi a dar avviso qua di mano in mano delle consignationi, che saranno loro fatte.
In una seconda lettera, del 15 luglio 1628, lo stesso cardinale Spada “per quietare le coscienze di coloro che intendessero altrimenti la proibizione” specifica che:
non è stata mente di sua Beat.ne di proibire ad alcuno il ritenere se non quelle, che rappresentano la vera sacra Imagine del Volto Santo, che si osserva qui nella Basilica di San Pietro con macchie, e lividi di sangue, di sudore, e di percosse, e non altrimente, l’Imagine del Salvatore, che anco da alcuni sono dette Volto Santo.
Chiara Franceschini nell’articolo Volti santi e Trinità triformi… esamina nuovi aspetti della vicenda grazie al ritrovamento di nuove richieste alla Congregazione e al Sant’Uffizio. L’autrice segnala la presenza nella filza dell’Archivio Segreto Vaticano, dove si conserva copia di questa lettera, di quattro incisioni che furono raccolte a Milano da Marzio Politi e inviate a Roma nello stesso 1628 in esecuzione di questo ordine.
Le quattro incisioni sono di natura molto diversa: due rappresentano il solo sudario di Cristo, la prima è una stampa anonima, la seconda un’incisione di Jean Waldor in cui il volto di Cristo è rappresentato con la barba divisa, gli occhi aperti, la fronte insanguinata con una grossa spina (forse richiamo al 3 rovesciato sulla fronte dell’uomo della Sindone). Questi tratti che identificano la veronica romana dalla fine del Quattrocento troveranno grande fortuna dalla fine del Seicento e nel Settecento, quando troviamo opere simili accompagnate dalla scritta “copia del vero ritratto di Cristo conservato in San Pietro” (vedi qui ad esempio).


Le altre due incisioni conservate in archivio raffigurano Santa Veronica col velo, la seconda, di provenienza romana con data 1556, riporta il titolo Sanctus Vultus indicato come eredità di Santa Veronica (sembra avere origine in comune con un’incisione quasi coeva eseguita da Béatrizet su disegno di Muziano).


La varietà delle riproduzioni mostra – secondo la Franceschini – quanto discutibile fosse il limite tra cosa era considerato una copia fedele di un supposto originale e cosa fosse invece considerato un prodotto artistico, anche se pur sempre devozionale, indipendente dalla reliquia originale. Sicuramente la varietà indica quanto non fosse chiaro fuori Roma quale fosse l’oggetto meritevole di scomunica.
La domanda raggiunse Roma. Nel 1636, otto anni dopo la requisizione delle stampe, è archiviata la risposta al Vicario Apostolico di Urbino con il seguente chiarimento: il divieto di tenere immagini del Volto Santo riguarda solo le immagini prese dall’originale, che si preserva nella chiesa di San Pietro (solum imagines sumptas ab originali), o le copie di quello stesso originale (vel copias eiusdem originalis), non invece i dipinti (picturas) o le incisioni che rappresentano figuras eiusdem vultus sancti.
Aprendo una parentesi notiamo che sarebbe quindi illegittimo l’ordine del vescovo di Volpi, a conclusione della visita apostolica del 1629, e ribadito nel 1639 dal vescovo Tornielli, di cancellare il sudario della Veronica affrescato nella chiesa della Beata Vergine Assunta di Armeno.
Tornando a Roma, nel 1686, Fabrizio Paolucci vescovo di Macerata e Tolentino scrisse a Innocenzo XI che gli era stata “lasciata da mons. Cini suo antecessore una copia dell’imagine del SS.mo Salvatore esistente in San Pietro in Vaticano” (forse la Veronica di Palazzo Buonaccorsi). Poiché “la medema non puol ritenersi senza special permissione”, Paolucci supplica “divotissimamente la somma benignità della Santità Vostra a segnarsi concedergline la licenza conforme godeva il suddetto suo antecessore”. La risposta della Congregazione, con l’assenso del papa, fu di concedere al vescovo di Macerata la licenza di tenere l’immagine, ma con ingiunzione di non mostrarla in pubblico (non autem publice exponendae).
Per prendere questa decisione furono considerati due precedenti: oltre alla decisione inviata al Vicario Apostolico di Urbino del 1636 in cui si distingue tra ‘copie’ e ‘ figure’, la citazione di un secondo caso del 1659, quando al clerico regolare Francesco Valletta, che aveva chiesto una licenza simile di possesso di un’ ‘immagine del Volto Santo’, fu risposto che “se la detta immagine è il Volto Santo, che è preservato nella chiesa di S. Pietro, non sia permesso; le altre non siano proibite.”
Chiara Franceschini, Volti santi e Trinità triformi Ricerche in corso sullo statuto delle immagini nei procedimenti del Sant’Uffizio, in MEMORIA FIDEI IV, L’Inquisizione romana e i suoi archivi a vent’anni dell’apertura dell’ACDF, pp. 279-301
Cfr. T.M. Di Blasio, Veronica. Il mistero del volto. Itinerari iconografici, memoria e rappresentazione, Roma, Città Nuova 2000, pp. 61-62.
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