1617

Pietro Strozzi, Velo della Veronica, pittura, lino, lamina d'oro, 1617, Roma, Italia. Kunsthistorisches Museum, Kaiserliche Schatzkammer Wien, sala IV.

 

Iscrizione sul bordo inferiore: S D N PAULUS PAPA V. PRAESUMENTIBUS SINE LICENTIA AB IPSO VEL SUCCESORIBUS CONCEDENDA EXEMPLUM SUMERE HUIUS IMAGINIS ANATHEMA DIXIT ANNO DOMINI MDCXVII. P. STROZA

All’origine dell’opera del pittore canonico Pietro Strozzi ci fu la richiesta della cancelleria imperiale di Vienna a Paolo V di una copia della reliquia romana per la regina di Polonia, Costanza. Il papa motivò il ritardo dell’invio con la difficoltà di reperire tra i canonici un buon pittore poiché allora solo ai canonici era concesso l’accesso alla reliquia. Giacomo Grimaldi, che aveva visto la reliquia nel 1606, reputò la copia dello Strozzi fedele all’originale e riferisce che l’artista/canonico realizzò altre cinque copie. Il 7 settembre 1616 una lettera di Papa Paolo V  proibiva qualsiasi nuova copia, sotto pena di scomunica.

Per alcuni l’opera conservata allo Schatzkammer, l’unica firmata da Strozzi, potrebbe essere la copia inviata a Vienna. L’attribuzione è contestata da chi ritiene essere una copia donata da Paolo V alla famiglia Savelli che giunse a Vienna nel 1721 come dono della principessa romana Catarina Giustiniani Savelli all’imperatore Carlo VI. A conferma della tesi la datazione dell’opera al 1617 e non al 1616.

L’opera era considerata il più prezioso oggetto del tesoro di Vienna (numero 1 nell’inventario del 1758), la famiglia Savelli faceva risalire la reliquia direttamente a quel Volusiano di cui si narra nella Legenda aurea e che i Savelli riconoscevano essere loro antenato. Si dice che il sudario fosse presente sul letto di morte della vedova dell’imperatore Carlo VI.

Il fatto che il Grimaldi trovasse le copie dello Strozzi fedeli all’originale suggerisce che nel 1616 la reliquia romana aveva già iniziato il percorso di declino terminato nel 1800 con la sparizione totale del volto così come documenta il canonico mons. Dario Rezza: “Vi si riescono a distinguere, su un fondo scuro, delle macchie di colore bruno, all’altezza di quella che può essere ritenuta la fronte, interpretabili quali segni di capigliatura e, in basso, tre macchie a punta dello stesso colore, che possono essere identificate con la barba.” E il ritardo di Paolo V a esaudire la richiesta di Vienna potrebbe indicare che il papa preferisse nascondere il deperimento di quella che era vantata come la meraviglia della Cristianità. D’altra parte il numero di copie realizzate dallo Strozzi indica che nel 1600 era ancora forte il desiderio di possedere una copia della reliquia.

Cfr. Roberto Falcinelli, DER SCHLEIER DER VERONICA UND DAS ANTLITZ VON MANOPPELLO Neue Untersuchungen und Erkenntnisse, Vienna 2015.

Dario Rezza, «Segnor mio Iesù Cristo, Dio verace, or fu sì fatta la sembianza vostra?», in: 30 giorni nella Chiesa e nel mondo.

Dario Rezza, Il “Sudario” della Veronica nella Basilica Vaticana, Storia e testimonianza di una devozione, Edizioni Capitolo Vaticano, 2010.

 


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