1861

Gaetano Moroni, Volto Santo o Veronica, Vultus Sanctus, Santa Veronica, in Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica, vol CIII, prosa, 1861, Venezia, Italia. Tipografia Emiliana.

Pio Rajna nella bibliografia sulla Veronica riguardo alle pagine che il Moroni dedica alla reliquia scrive “in quell’immenso guazzabuglio che è il Dizionario  di erudizione storico-ecclesiastica tocca della Veronica infinite volte e ne tratta lungamente ex professo sotto Volto Santo (t. CIII , 91 sgg.), somministrando un materiale non inutile a chi porti di suo quel che il Moroni  non poteva metter davvero, cioè un poco di discernimento.” (Cfr. Per la data della “Vita Nuova” e non per essa soltanto, Giornale Storico della Letteratura Italiana, volume XXXVIII, Ermanno Loescher, 1901)

Alla voce Volto Santo, Gaetano Moroni riporta la storia della reliquia romana, dell’immagine edessena  (storia di Abgar e descrizione delle immagini di Genova e di San Silvestro), del Velo di Manoppello e del Volto Santo di Lucca.

VOLTO SANTO o VERONICA

Vultus Sanctus, Santa Veronica. Reliquia insigne e preziosissima, consistente in un pannolino o fazzoletto o velo che porta impressa l’adorabile e vera immagine del Volto di Nostro Signore Gesù Cristo; prodigiosa impressione però non eseguita con colori di umano artificio, ma per la divina virtù del Figlio di Dio fatto uomo; al quale nella sua Passione, presentato da S.Veronica dì Gerusalemme, mentre colla Croce sulle spalle e la corona di Spine in capo andava al Calvario, ed esso si asciugò il divin sembiante bagnato di sangue e di sudore, lasciandovi come stampata la maestosa e veneranda sua dolorosa effigie, nello stato compassionevole in cui trovavasi in quel punto. Laonde non si può guardare senza soave e tenera compunzione e riverente commozione d’animo.

Questa rara avventura io ebbi per ben due volte la sorte singolare di provarla e anco comodamente goderla da vicino, e insieme baciarla colla ss. Croce e la ss. Lancia, e con inenarrabile religiosa consolazione, per somma grazia di Papa Gregorio XVI; e lietamente ne lasciai l’imperitura memoria ne’ voi. LV, p. 265, LXXX VlII, p. 231. Ciò avvenne in occasione che quel Pontefice due volte ascese nel santuario, a deporvi colle sue sagre mani i magnifici e preziosi donativi de’ due reliquiari colla ss. Croce Vera, cioè a’ 6 febbraio 1838, ed in altro giorno che per ora non mi è dato precisare. L’epoca della donazione è il 18 gennaio 1838. E siccome il santuario fu restaurato al suo tempo, vi furono dipinti i suoi stemmi. Dispose inoltre Gregorio XVI, che colla ss. Croce più grande delle due da lui donate, si facesse l’ostensione colla ss. Lancia e il Volto Santo. Di più nel 1840 die’ a custodire altra ss. Croce al capitolo Vaticano, per esposi nel Venerdì santo nella cappella pontificia, e sull’altare papale della basilica in alcuni giorni dell’anno, dovendosi collocare per la sua custodia nella nicchia del pilone di S.Elena, ov’ è la testa di s. Andrea. Tutto descrissi e narrai ne’ vol. VIlI, p. 313 e 314, XII,p. 240 e 241, XVIII, p. 235.

L’adorabilissimo sagro tesoro del Volto Santo, di antichissima e somma divozione, di tutto il mondo e di tutti i tempi, gelosamente si custodisce e profondamente venera nel Vaticano nel proprio luogo e santuario della basilica patriarcale della Chiesa di s. Pietro in Vaticano, colle altre due maggiori ss. Reliquie, della ss. Croce e ss. Lancia, in separato reliquiario formato da bellissima cornice di cristallo, intarsiata con varie lastre d’argento dorato, donata a’ 6 maggio dell’anno santo 1350 da 3 veneziani chiamati Nicola Valentini, Bandino de Guarzonibus e Franceschino de Giostro, com’è registrato in antichissimo libro de’ benefattori della basilica, e riportato dal Cancellieri nell’opera De Secretariis Basilicae Vaticanae, t. 2, p. 855,e t. 3, p. 1269, e lo notai nel vol. II, p. 107. Per singolar coincidenza, un altro veneto, il Sommo Pontefice Gregorio XVI, con saggia e opportuna provvidenza, nel 1838, al fragile velo che copriva il Volto Santo, fece sostituire una conveniente lastra di cristallo, onde meglio si custodisse e ammirasse.

Alcuni pretesero di porre in forse l’esistenza di santa Veronica di Gerusalemme, perché come descrissi in quell’articolo, il vocabolo Veronica significa Vera Icon, Vera Immagine, e perché la Chiesa non riconobbe mai la santa Donna, denominata pure Berenice e Veronica, donde il nome di Veronica. Tuttavolta ivi narrai la sua storia, il suo culto e con esso quello del Volto Santo, la tradizione remota e comune, convalidata da molteplici e autorevoli testimonianze di sua identità.

Il Marangoni, Istoria di Sancta Sanctorum e della celebre immagine del ss. Salvatore detta Acheropita, cioè non fatta da mano umana, dichiara tali essere il Volto Santo, la SS. Sindone, ed anco alcune altre SS.Immagini; e Roma possederne 3, quella di Sancta Sanctorum (che il Gretsero, Syntagma de Imaginibus non manu factis, confuse col Volto Santo, nel narrare che Stefano II detto III nel 752 a piedi nudi portò sulle spalle l’immagine del Salvatore dalla basilica Lateranense alla Liberiana, nella processione solenne di penitenza, per implorare la divina misericordia, contro Astolfo re de’ longobardi), nel santuario della Scala Santa, quella della chiesa di s. Silvestro in Capite, di cui verso il fine di quest’articolo; e questa appellata co’ titoli di Veronica, di Volto Santo, e di Sudario. “Ed è appunto quel panno di lino, che mentre il Salvatore portavasi deformato al monte Calvario, presentato gli fu da quella santa Donna, per asciugarsi la faccia divina bagnata di sangue e sudore, nel quale, dopo si pietoso ufficio, impressa rimasevi quella forma così compassionevole, che vi si riconosce”.

Il Piazza, Emerologio di Roma, a’ 4 febbraio, festa di s. Veronica nobile matrona gerosolimitana, dopo la sua storia, così descrive il Volto Santo nel 1713, tal quale lo vide e descrisse l’apostolo evangelista san Giovanni nella sua VII lezione. “Trovasi in esso, non senza tenerissima compunzione, il capo tutto trafitto di spine, la fronte insanguinata, gli occhi pieni di lividure di sangue, tutta impallidita la faccia; nella guancia destra mirasi ivi crudelmente stampata la guanciata della mano ferrata di Malco, e nella sinistra i segni degli sputi de’ giudei, e loro macchie; il naso alquanto schiacciato e insanguinato, la bocca aperta e sparsa di sangue, i denti scossi, la barba pelata in qualche parie, e i capelli da un lato svelti; e tutta la santissima faccia mischiata, così contraffatta com’ella è, di maestà e di compassione, di amore e di mestizia; onde quando nelle prescritte solennità si mostra nella basilica Vaticana all’infinito popolo, che vi concorre con celebrità di funzione, cagiona un sagro orrore, una mestissima confidenza, una dolorosa penitenza, e tocca quel beatissimo sembiante, vivo testimonio dell’ingratitudine del genere umano, fin dentro il cuore de’ fedeli riguardanti, e risveglia un generoso profluvio di lagrime penitenti, e fiamme d’amore al nostro benignissimo Redentore”.

La storia di santa Veronica l’offre ancora l’Alseri, Roma in ogni stato, t.2, p. 210, tratta dalla libreria Vaticana D. 3851, antico mss. di Nicolò Signorile romano. Egualmente il Ricci, De’ Giubilei universali a p. 212 riporta col cap. 99 la storia del Trasporto a Roma del Volto Santo o Vera Imago, nell’anno 35 di nostra salute, per risanare l’infermo di lebbra imperatore Tiberio, che ne restò risanato al modo descritto nell’articolo VERONICA, che rannodandosi con questo va tenuto presente, onde evitare ripetizioni. I beneficiati Vaticani, Sidone e Martinetti, Della sagrosanta basilica di s. Pietro in Vaticano, ne ragionano nel t. t, lib. 1, cap. 2: Delle principali Reliquie che si conservano nella basilica Vaticana. Provasi l’esistenza del Volto Santo, impresso in panno di lino o di altra somigliante materia, quale si espone alla pubblica venerazione, e si benedice con esso il popolo; della cui identità autentica degnamente trattò l’altro beneficiato Battisti, con dotta, erudita e critica dissertazione, i due scrittori provandolo con documenti storici. Venne il Volto Santo detto anche ss. Sudario, col quale vocabolo viene pur chiamata la ss. Sindone, perché il termine di Sudario, rileva in tale articolo il Bergier nel Dizionario della Teologia, significa in origine un pannolino o fazzoletto, di cui si fa uso per rasciugare il volto. Però non si deve confonderlo col lenzuolo o ss. Sindone esistente in Torino, colla quale fu ravvolto e sepolto l’adorabile corpo del Salvatore del mondo, oltre altri sudari co’ quali gli fu coperto il volto e il capo nel s.Sepolcro. Egli è per questo che più chiese vantano il pregio di possedere parte di que’ sudari; e pel culto che loro si rende più d’una volta Dio ricompensò con benefizi la fede e la pietà de’ veneratori, che onorano questi segni commemorativi del mistero della nostra felice redenzione.

Le casse

Veronica portò in Roma il Volto Santo dentro due casse, per meglio custodirlo, le quali si venerano, una nella Chiesa di s. Maria ad Martyres o Tempio del Pantheon, l’altra nella chiesa di S. Eligio de’ Ferrari, detto pure S.Alò, di cui nel vol. LXXXIV, p. 124, e dal Piazza credesi che fosse la cassa inferiore, per attestato di vari descrittori delle chiese di Roma, oltre il Vasi nell’Itinerario. L’Alveri riporta l’iscrizione della cassa di S.Maria ad Martyres, del suo tempo: In ista capsa fuit portatum Sudarium Passionis Domini Nostri Jesu Christi a Hierosolymis Tiberio Augusto.

Morì in Roma s. Veronica, nel pontificato di s. Clemente I, che governò la Chiesa dall’anno 93 al 102, ed il sagro tesoro, a cui dicesi la santa lo facesse consegnare, egli lo tramise a’ successori, i quali con molta segretezza lo tennero celato finché durarono le persecuzioni della Chiesa. Sono discrepanti gli scrittori nell’assegnare in quale chiesa fu collocato, gli uni opinano prima nella chiesa di s. Maria ad Martyres, detta dalla sua forma Rotonda, da Papa s. Bonifacio IV del 608 convertita al divin culto, da tempio profano del Pantheon, poi nella basilica Vaticana. Altri posticipano la deposizione in S.Maria ad Martyres, fondandosi nella cassa che lo custodiva, e per memoria fu ivi lasciata nella cappella del ss. Crocefisso; perché la cassa avea 13 serrature le cui chiavi custodiva ciascuno de’ Capo Rioni (V) degli antichi XIII Rioni di Roma, il quale riparto però soltanto risale nella Roma papale alla metà del secolo XIII o 1144, così sembra posteriore.

Santa Maria ai Martiri (Pantheon)

Si volle assegnare la chiesa di S.Maria ad Martyres per custodia dell’insigne reliquia, come luogo sicuro e fortissimo, ed eziandio ampio onde ricevere il popolo che numeroso vi accorreva a rendergli culto, e siccome posto quasi nel centro di Roma abitata, mentre la basilica Vaticana restò fuori del perimetro delle Mura di Roma, sino a s. Leone IV, che nell’848 la comprese nella Città Leonina. Queste ragioni favorirebbero in parte la priorità della custodia del Volto Santo in tale tempio. Perciò devo ricordare, che nel citato articolo, o vol. L VIII, p. 9 e 10, dissi che divisa Roma in Regioni, ne’ bassi tempi erano IX, durante i secoli IX, X e XI, ed in parte ancora  del XII secolo, oltre la X regione sulla riva destra del Tevere, numero che mi giova a quanto sono per dire su quello delle serrature della cassa, per le mie assidue ricerche. Inoltre non si deve tacere, che i sostenitori della sentenza, che il Volto Santo fu prima deposto in S.Maria ad Martyres, raccontano che ivi si venerava e mostrava sin da’ tempi di Bonifacio IV e dall’anno 610, con esposizione sull’altare maggiore a’ 13 maggio, qual giorno anniversario della dedicazione di essa chiesa, in cui quel Papa vi avea fatto trasportare 28 carri di corpi de’ ss.Martiri e perciò intitolata ad Ognissanti. Di più se ne faceva l’ostensione e l’esposizione nelle pericolose circostanze della città. Il contemporaneo Francesco Valesio scrisse nel suo Diario: “Mercoledì 14 ottobre 1705 Clemente XI passò alla chiesa della Rotonda a rimirarvi le belle colonne di giallo antico con cornicione di marmo greco bianchissimo, sull’altare del SS.Crocefisso, fatto nuovamente ripulire; e in tale occasione gli esposero alla vista la Cassa, in cui dalla Grecia fu costà trasportato il Volto Santo, l’Immagine della Madonna (che si venera nell’altare maggiore) ed il SS.Crocefisso, che ambidue sono in detta chiesa; e nella medesima Cassa si conservava il Volto Santo, finché durò a mostrarsi ivi, prima che foste trasferito a s. Spirito in Sassia, a Castel s. Angelo, e poi a s. Pietro”. Recatomi nel detto tempio, ho trovato sopra la mensa dell’altare, nell’incavo del muro, una grande urna con cristallo avanti, colla cassa in pezzi, sulla quale urna lessi la seguente iscrizione: Arca in qua sacrum Sudarium olim A diva Veronica delatum Romam ex Palestina. Hac in Basilica anni centum enituit. L’urna è sovrastata dall’immagine del ss.Crocefisso scolpita in legno, e custodita da cristalli. Fattosi diligente esame sulle tavole della cassa, si trovò avere esse dieci serrature.

Oratorio in San Pietro

Quanto al venerarsi e custodirsi il Volto Santo nella basilica Vaticana, provano Sidone e Martinetti, con l’autorità di più idonei scrittori, che avendo papa Giovanni VII nel 607 (va corretto l’errore avvenuto nel vol. XII, p. 140, in cui per alterazione di composizione, quell’anno apparisce come della venuta del Volto Santo in Roma, mentre gli scrittori comunemente l’attribuiscono alla suindicata epoca di Tiberio imperatore), avendo fabbricato nella basilica Vaticana un oratorio alla B. Vergine del Presepio, nel quale poi volle esser sepolto, vi eresse un altare in onore del ss. Sudario di Gesù Cristo, quod vocatur Veronica, ove in nobile ed elevato ciborio adorno di colonne marmoree vi collocò il Volto Santo, e la stessa cappella ne prese cumulativamente il nome, ed anche di S.Maria del Sudario, e si trae da un certo documento de’ tempi di papa Benedetto VIII del 1017, in cui è qualificato Giovanni chierico e mansionario, di s. Maria in Beronica. Il Grimaldi notaro e archivista della basilica, illustrò una lapide di Papa Adriano I del 772 da cui si trae la consagrazione de’ due altari dell’oratorio di Giovanni VII, consagrati a’ 13 novembre, cioè del ss. Sudariis e di S.Mariae ad Praesepe, in cui il Papa nel dì precedente vi pose le ss. Reliquie, secondo l’antico rito. A quell’epoca il Torrigio, Le Sagre Grotte Vaticane, attribuisce, per l’iscrizione trovata nell’oratorio, che l’effige del Volto del Signore, chiamato meritamente il Santo de’ Santi, fu nuovamente collocata nel ciborio di Giovanni VII, essendo stata per le calamitose vicende de’ tempi trasportata altrove; e forse, come congettura, nella chiesa di S.Maria ad Martyres, detta la Rotonda. Dice pure che sotto Adriano I , si raddoppiò la serratura, che includeva il ciborio, bina clausura. Il ciborio poi avea una ringhiera che lo circondava, da cui mostravasi al popolo il Volto Santo.

Racconta il Cancellieri, Memorie delle sagre Teste de’ ss. Pietro e Paolo, p. 11, che nel 1193 venuto in Roma Filippo II Augusto re di Francia, Papa Celestino III gliele fece mostrare, et Veronicam, idest pannum quemdam lineum, quem J. C. Vultui suo impressit, in quo pressura illa ita manifeste usque ad hodiernum diem apparet, ac si Vultus J. C. ibi esset, et dicitur Veronica, quia mulier, cujus pannus ille erat, Veronica dicebatur.

Innocenzo III

Nell’articolo che ha connessione con questo, segnalai la venerazione pel Volto Santo d’Innocenzo III Papa del 1198, il quale prescrisse preci da recitarsi avanti di esso, e vi aggiunte l’acquisto di spirituali indulgenze. La continuazione del religiosissimo culto progrediva tanto in quest’epoca, che parlando delle Medaglie benedette, notai col Torrigio quelle che si lavoravano colla figura del Volto Santo e le Chiavi di s. Pietro incrociate, dicendosi gli artefici vendentes Veronicas, ed i Pellegrini (V) visitatori de’ Limina A postolorum l’acquistavano e appendevano al cappello e alle vesti: il provento Innocenzo III l’attribuì al capitolo Vaticano. E qui ricorderò per analogia, che descrivendo le Monete pontifìcie, narrai che molte furono da’ Papi coniate coll’effigie del Volto Santo. Il Garampi, Saggi di osservazioni sul valore dell’antiche monete pontifìcie, riporta documento in cui sono dette Signum S.Veronicae, poiché era tanta la venerazione che si avea per la SS.Immagine, che sovente ne fu espressa la figura su di esse, e può riscontrarsi nel Fioravanti, Denariorum Rom. Pont., e nello Scilla, Delle Monete pontificie. Il Vettori, Il fiorino d’oro illustrato, offre più esempi di monete d’oro antiche del senato romano dette ancora Volto Santo, e diverse nell’altra parte anche coll’effigie del Salvatore di Sancta Sanctorum in atto di benedire, ciò attestando la costante e grande divozione de’ romani verso i due sagri simulacri.

Santo Spirito in Sassia

Il Cancellieri nella Settimana Santa, a p. 146, riferisce che il Volto Santo fu trasferito nella chiesa dell’Ospitale di S.Spirito, senza precisarne l’epoca, e riproduce un’antica cronaca sui custodi delle chiavi, che a vita aveano le sei famiglie romane, che coll’Alveri riportai più sopra, non potendosi aprire senza l’intervento de’ loro rappresentanti.  “Lo qual Sudario è nello sito di S.Spirito in Sassia in una cameretta, foderata tutta de marmoro, et de ferro, e serrata a 6 chiavi, e non se mostrava se non una volta l’anno; e tutti questi 6 gentiluomini, li quali tenevano queste chiavi, erano liberi, che no li era mai comannato, che dovessero uscire a campo, e sa nulla di essi fosse uscito Menescalco (Maresciallo) non era tenuto di annare mai alla giustizia. Per ciascheduna volta, che lo Sudario se mostrava, doveano annare con 20 compagni per uno, tutti armati intorno allo Sudario ad arma scoperte per infino allo loco suo deputato, e serrarlo, e havevano questi 6 ogni anno, de S.Spirito, doi vacche in die S.Spiritui, le quale se magnavano lì con gran festa”. Analogamente scrisse il Piazza nell’Effemeride Vaticana, che solevasi il Volto Santo portare in processione ogni anno dalla basilica Vaticana alla chiesa di S.Spirito con l’intervento del Papa, che faceva un sermone al popolo, e de’ cardinali, e nel medesimo spedale dava l’elemosina di 3 denari per ciascuno a 1000 poveri forestieri; e a 300 di quelli che stavano in esso, un denaro de’ quali doveva servire pel pane, l’altro pel vino e l’altro per la carne. A’ canonici poi, che portavano la ss. Reliqua, si davano 12 quattrini per ciascuno, e una candela accesa d’una libbra; le quali spese tutte si facevano dall’offerte dell’altare di S.Pietro, raccolte da’ Mansionari. Il Piazza cita il registro d’Onorio III Papa anno 7, corrispondente a circa il 1222. A me pare, che per la temporanea custodia del Volto Santo nella chiesa di Santo Spirito, in memoria si facesse la processione; e notai nel citato articolo dell’ospedale, che appunto per tale custodia, 3 volte si mostrava il SS.Sudario nella basilica Vaticana a’ proietti e proietto, ed agli ecclesiastici dello stabilimento, in luogo de’quali dipoi e tuttora si pratica, i confrati dell’ Arciconfraternita di s. Pietro in Sassia, che esistendo già nel 1198, un tempo custodirono la SS.Reliquia, forse succeduti agli antichi 6 custodi, ora si recano processionalmente in S.Pietro, nella 2^ domenica dopo l’Epifania e nella 2^ festa di Pentecoste, e per privilegio viene loro fatta l’ostensione del Volto Santo e dell’altre SS.Reliquie maggiori. L’Alveri riferisce che v’interveniva anche il Commendatore di Santo Spirito. M’istruisce poi il Torrigio a p. 202, e l’Alveri a p. 2t3, che la processione del Papa co’ cardinali a S.Spirito, l’istituì Innocenzo III verso il 1208 nella 1 domenica dopo l’8^ dell’Epifania, con bolla che offre, dicendo che la SS.Reliquia stava alcun tempo nella chiesa di S.Spirito e poi si riportava alla sua basilica. Onorio III e Alessandro IV approvarono la disposizione.

Quindi Sisto IV del 1471 per giuste cause vietò la processione a S.Spirito, e in vece istituì quella che va a venerarlo ne’ suddetti giorni nella basilica Vaticana.

Bonifacio VIII Anno Santo 1300

Bonifacio VIII ripristinò nel 1300 la celebrazione in Roma dell’Anno Santo (V), con immenso e sterminato concorso di popoli a lucrare l’indulgenza plenaria. A consolazione de’ pellegrini nella basilica Vaticana ogni venerdì e ogni festa solenne si mostrò il Volto Santo. Lo stesso Papa ne fece l’ostensione a Carlo II re di Sicilia, ed a Giacomo II re d’Aragona. Trovo nel Rinaldi all’anno 1328, che nella venuta in Roma di Lodovico V il Bavaro, co’ suoi eretici, scismatici e una sentina di meretrici, la città fu interdetta, e molti de’ cattolici, de’ chierici e de’ frati ne partirono. Un canonico di s. Pietro che avea in custodia il S.Sudario, lo nascose, perché non gli sembrava esser degna di vederlo quella turba d’iniqui, onde i romani ne provarono grave turbamento. Inutilmente il Bavaro ingiunse a Sciarra Colonna d’indurre gli ecclesiastici a riprendere le divine uffiziature.

Clemente VI Anno Santo 1350

Dimorando Clemente VI in Avignone, nel 1350 fece celebrare in Roma il 2^ Giubileo universale, ed indicibile fu il concorso de ‘pellegrini, per appagar la fervorosa divozione de’ quali, in s. Pietro ogni domenica e in ogni festa solenne, si mostrava il S.Sudario di Cristo: per la folla, più volte non pochi ne morirono, e l’attesta Matteo Villani ch’era presente. Il Papa avea scritto ai canonici Vaticani, loro raccomandando la frequente ostensione del Volto Santo, per la gran venerazione che ne aveano i fedeli. Luigi I re d’Ungheria lo volle vedere ogni giorno.

Urbano V

Urbano V ordinò, probabilmente dopo la sua venuta in Roma nel 1367, che si mostrasse al popolo il Volto Santo in certi giorni dell’anno, come nelle ferie IV, V e VI della Settimana Santa, nell’Ascensione e dopo l’8^ dell’Epifania.

Il Piazza che ciò riporta nell’Effemeride Vaticana a p. 81, dice che la SS.Reliquia fu sempre tenuta con riserva, e non potevasi esporre senza espressa licenza del Papa, che ne teneva appresso di sé le chiavi. Una di queste in seguito custodì il Maggiordomo del Papa, cioè come dissi in quell’articolo quando fu temporaneamente, per quanto racconterò più avanti, portato nell’archivio della basilica, poiché ora non più è in sue mani. Ora la custodia del Volto Santo e dell’altre SS.Reliquie maggiori è devoluta esclusivamente a’ due canonici sagrestani maggiori, il 1^ tenendo le chiavi del credenzino in cui è racchiuso e quelle dell’armadio in cui è collocato, ed ove sono le altre ss. Reliquie, il 2^ tiene le due chiavi dello stesso armadio.

Gregorio XI

Gregorio XI nel 1371 concesse in perpetuo a’ presenti all’ostensione delle Teste de’ss. Pietro e Paolo, la stessa indulgenza che si conseguisce da que’ che trovansi all’esposizione del Volto Santo nella basilica Vaticana, che nella bolla chiama Veronicae.

Bonifacio IX

Narra il Torrigio, citando monumenti e il Volterrano, che Bonifacio IX fece mostrare il Volto Santo al sunnominato Luigi I re d’Ungheria, magnifìce in palatio exceptus est. Quotidie Veronicam videre voluit. Quatuor aureorum millia Arae Ap. Principis obtulit. Ma quel re morì nel 1382 e Bonifacio IX fu eletto nel 1389. E poi il re si recò a Roma in epoca anteriore, ciò nel 1350, e probabilmente a quell’epoca, come già dissi, si deve riportare il racconto, ma vi è l’ostacolo che allora Clemente VI risiedeva in Avignone. Nel pontificato di Bonifacio IX fu a Roma Ladislao re di Napoli, de’ reali d’ Ungheria, e ne divenne re nel 1403 cogli aiuti di Bonifacio IX; forse doveasi dire Ladislaus, in vece di Ludovìcus.

Il Cancellieri nella detta Settimana Santa narra, che dopo d’essere stato il Volto Santo per qualche tempo nella chiesa della Rotonda, ove fu trasportato, ed ove se ne custodisce anche al presente la cassa, fu trasferito in Castel s. Angelo, come risulta da un antico Diario, in cui si legge. “Alli 4 di ottobre del 1409 fu dalla sagrestia di s. Pietro portato in Castello il Sudario della Veronica, perchè non fosse esposto all’ingiurie de’ soldati (forse di Ladislao, che profittando dello Scisma avea occupato Roma, da dove nel dicembre l’ espulse Paolo Orsini)”. Il diarista contemporaneo Antonio de Petri aggiunge “Al 1° gennaio 1410, nel1′ ora di Terza, Jacomo de Calvi can. priore et vicario, et sacristano della basilica di s. Pietro, con 6 altri canonici, andò a Castel s. Angiolo, et ivi prese la Veronica, et la portò in detta Basilica”.

Eugenio IV

Eugenio IV avendo riunito alla Chiesa romana l’Abissinia e l’Etiopia (V), ne accolse amorevolmente gli ambasciatori nel 1442, e “a porte chiuse fece loro mostrare nella basilica Vaticana il ss. Sudario, e nella Lateranense le sante Teste. Altri narrano che l’ambasciatore fu l’abate di s. Antonio d’Egitto, uomo assai distinto presso il re d’Etiopia detto il Prete Janni, venuto a Roma a’ 10 ottobre 1441 con 12 monaci, e ricevuto onoratamente fu condotto a venerare il Volto Santo, indi alloggiato a S.Lorenzo in Damaso. Nel Bollario della basilica Vaticana, molte bolle riguardano la ss. Reliquia, ed in una d’Eugenio IV, questi chiama l’Immagine: Sanctam, sive, ut dicunt, Sanctam Veronicam. Nell’indice del ricordato Bullarium, le notizie sul Volto Santo sono riferite nel vocabolo: ss. Sudarium, Veronica etiam dictum, et Vultus Sanctus.

Nicolò V

Rilevai nel vol. VII, p. 117, che Nicolò V nel 1450 fece fondere tre campanelle, per suonarsi nella sua ostensione, e lo si pratica ancora, ed hanno un armonico suono argentino. In esse vi è la sua arme, con queste parole intorno: Nicolaus Papa V, fecit anno Jubilaei 1450. Crescentius de Perusio me fecit. In quell’anno Santo, tale fu la moltitudine de’ pellegrini accorsi a venerarlo, che un giorno sul Ponte s. Angelo caddero e si annegarono nel Tevere 87 persone. Si ha dal Torrigio, che Nicolò V nel 1452 dopo aver coronato imperatore Federico III, gli fece la special grazia, dopo averlo creato canonico Vaticano, di poter in abito canonicale ascendere sopra il ciborio del Volto Santo, e con ogni religione e tremore venerar da vicino la sagratissima Reliquia; il che era ed è soltanto concesso a’ canonici della basilica, non potendo affatto altri penetrare nel santuario, neppure i beneficiati (quando Papa Gregorio XVI per sua benigna degnazione mi condusse seco la 1^ volta in esso, vi si recò con due camerieri segreti canonici Vaticani, e sebbene a piè delle scale trovasse i suoi caudatario e scalco, intimi cubiculari e beneficiati Vaticani, non permise loro l’accesso; ciò però poi gli concesse, insieme ad altri, quando tornò ad ascendervi. Tutto questo è positivo, sebbene nell’archivio della Basilica non è registrato che l’accesso sunnominato de’ 6 febbraio 1838). Nota il Piazza: “Né alcuno può mostrare questo Santo Volto, che non sia canonico di questa basilica (coll’insegne corali e guanti di seta rossa ed il capo nudo: essendo accompagnato l’espositore da due altri canonici; e tutti e tre mentre segue l’ostensione, sì del Volto Santo, sì della SS.Croce e sì della SS.Lancia, recitano preci): e perciò Federico III imperatore lo mostrò al popolo in abito di canonico nel tempo di Nicolò V”.

Io però qui debbo ricordare, che l’Imperatore dopo la Coronazione d’Imperatore, fatta dal Papa, veniva per Canonico aggregato ne’ capitoli Lateranense e Vaticano (ed in questo fin da Carlo Magno, come notai nel vol. LXVII, p. 256), e ne assumeva l’insegne corali di rocchetto, cappa e berretta. E gl’imperatori che vollero venerare da vicino il Volto Santo, dovettero vestire la cotta e la cappa canonicale, e così appagar la loro divozione. Si legge nelle Notizie della venuta in Roma di Cristiano I re di Danimarca nel 1474 di Cancellieri, a p. 11, che Sisto IV l’alloggiò nel Vaticano e gli fece due volte mostrare il Volto Santo, cioè a’ 12 e 23 aprile, facendo il re l’oblazione di 5 ducati papali la prima volta e di 10 ducati veneti la seconda. Truneo S.Veronicae si chiamava la cassetta dell’elemosine al Volto Santo.

La Lancia di Longino

L’imperatore di Turchia avendo donato ad Innocenzo VIII la SS.Lancia che trafisse il sagro costato del Redentore, il Papa la ritenne nella sua camera, proponendosi d’erigerle una sontuosa cappella nella contigua basilica, come si trae da un mss. di Filippo Moroni. Venuto a morte ordinò che si depositasse in essa, onde i cardinali a’ 16 luglio 1492 lo collocarono nell’oratorio del ss.Sudario, secondo il Novaes. Però il Torrigio racconta, che il Papa stesso in detto giorno, essendo infermo, ne fece effettuare il trasporto, e circa dopo 10 giorni morì. Indi il cardinal Lorenzo Cibo de Marii suo parente, che nel cardinalato avea conservato il canonicato di San Pietro, come osserva il Nuvaes nel tempio fabbricò una magnifica cappella, e vi ripose la SS. Lancia a’ 12 gennaio 1500. Ma nella demolizione della parte superiore della Basilica sotto Giulio II nel 1507, a’ 22 novembre fu riportata nell’oratorio del Volto Santo, e riposta nel ciborio di Giovanni VII, cioè nella vecchia Basilica: d’allora in poi le due SS.Reliquie non furono più disgiunte. Si può vedere: Sacrarum Vaticanae Basilicae Cryptarum, di Dionisi, t.1, p. 37 e 42-

La nuova basilica di San Pietro

Si apprende da Sidone e Martinetti, ragionandone ancora Torrigio e Ricci, che nell’ampliazione della basilica, intrapresa da Paolo V, coll’atterramento del rimanente della vecchia, a’ 25 gennaio 1606 il Volto Santo e la SS.Lancia, unitamente col capo di S.Andrea apostolo, furono trasferite nell’archivio della Basilica, ed ivi in una cassa di ferro di ricco drappo coperta furono racchiuse con 3 chiavi, una delle quali fu consegnata al Papa. Ed il Grimaldi, che ne rogò l’istromento, lasciò scritto: Vetustissima viget usque hodie consuetudo, ut Summus Pontifex Sudarii et Lanceae penes se jugiter unam clavem habeat, reliquas canonici basilicae. Anche il Ricci, che pubblicò De’ Giubilei nel 1675, afferma, che i Papi tenevano presso di loro una chiave. Due mesi dopo, cioè a’ 21 marzo, le dette ss. Reliquie furono collocate nella nicchia, Santuario o ciborio, aperta nel pilone della Veronica; e quindi la testa di S.Andrea a’ 29 novembre 1612 fu trasportata nell’altra nicchia sovrapposta alla statua di S.Elena.

Urbano VIII per incremento di venerazione e splendore alla basilica, volle unire al Volto Santo e alla SS. Lancia, del legno della SS. Croce Vera, l’8 aprile 1629. Prima di questo e nell’anno santo 1625 Urbano VIII avendo fatto compiere in ciascuno de’ piloni della meravigliosissima cupola le 4 nicchie, con sue loggie per l’ostensione delle SS.Reliquie, a’ 23 dicembre in quella di S.Veronica, con solenne processione vi furono portati il Volto Santo e la SS.Lancia sotto baldacchino, le cui aste sostenevano, riporta il Ricci, l’arciduca Leopoldo fratello di Ferdinando III imperatore (meglio figlio e poi successore), il marchese di Baden, il conte Styrm, il conte Traurem, il barone Fortunato, il barone Ghini, il cav. Scincinelli e il medico dell’arciduca. Ritornando alla SS.Croce, il Torrigio sembra precisarne le date. Egli dice: Urbano VIII con bolla de’ 19 aprile 1629 (presso il Ricci), dispose che le tre SS.Reliquie sempre si mostrassero una dopo l’altra, cioè prima la SS.Lancia, seconda la SS.Croce, terzo il Volto Santo, concedendo indulgenza plenaria a chi confessato e comunicato fosse presente all’ostensione. Seguì il dono alla basilica della SS.Croce a’ 19 di detto mese, e processionalmente dal palazzo Vaticano fu portata nella nicchia. Nel dì seguente Urbano VIII vi si recò a ore 20, e prostrato venerò le tre SS. Reliquie con gran divozione, e le ammirò con gran gusto spirituale, vietando sotto pena di scomunica, che ivi fece affiggere, di muovere il velo che copriva il Volto Santo, e di aprire il vaso contenente la SS.Lancia, senza licenza pontificia. “Con sua Beatitudine ascesero alcuni canonici, e fra gli altri Marc’Aurelio Maraldo suo segretario de’brevi; Agostino Oreggi suo teologo ed elemosiniere, fatto poi cardinale nel 1633; Angelo Giori suo coppiere e altarista di s. Pietro (poi cardinale); Fausto Poli suo maestro di casa (Maggiordomo e poi cardinale), e Francesco Ceva suo maestro di camera (poi cardinale), che sebbene non era canonico, n’ebbe grazia particolare concessagli da Sua Santità, non potendosi ascendere in detto ciborio da chi non è canonico di S.Pietro senza licenza del Papa”. È acconcio qui ricordare la venuta in Roma, nell’anno santo 1625, di Vladislao figlio del re di Polonia, da Urbano VIII ospitato, donato dello Stocco e Berrettone benedetti, nel quale articolo notai che lo creò canonico di San Pietro soprannumerario, per venerare da vicino il Volto Santo, per grazia particolare. Aggiungo col Ricci, che il principe ascese nel ciborio, in cotta e rocchetto, ma senza stola per non aver ordine sagro, abilitato di poter anche mostrare al popolo il SS.Volto, con due canonici numerari; e che il Papa lo creò canonico, perché a motivo della vecchiezza di suo padre, si sapeva che presto sarebbe acclamato re, poiché tal segnalato onore non si suol concedere ad alcuno. Divenuto re nel 1632, col nome di Vladislao IV , il capitolo e  canonici di S.Pietro gli scrissero un’epistola gratulatoria; ed il re rispose l’umanissima lettera, riprodotta da Torrigio e Ricci, col titolo: Uladislaus IV etc. Reverendi devote nobis Dilecti. Nella quale è detto Meminimus nos Collegio illi, dum Romae praesentes Sacratissimus Salvatoris Nostri Vultum spectavissemus etc. Inoltre si trae del Bullarium ss. Basilicae Vaticanae, che Urbano VIII fece giurare a’ canonici Vaticani di eseguire le prescritte ostensioni delle ss. Reliquie.

Narrai nel vol LXXI, p. 249, come Alessandro VII nel 1656 fece eseguire una singolare ostensione del SS.Sudario, della SS.Lancia, e della SS.Croce, alla celebre Cristina regina di Svezia, nel vestibolo vicino alla porta, per cui si sale alla loggia, dove si conservano. E nello stesso sito e anno volle vederle anche il Papa.

Di più raccontai nel vol. LXXVIII, p. 175 e 185, con particolarità, come il pio Cosimo III granduca di Toscana nell’anno 1700 recatosi in Roma a lucrarne l’indulgenze, per venerare da vicino le tre SS. Reliquie maggiori della basilica Vaticana  Innocenzo XII lo dichiarò canonico soprannumerario di essa, e così anco poterle avere nelle sue mani; ed egli vi ascese a’ 5 marzo, o meglio più tardi come notai, vestito di sottana lunga paonazza, rocchetto, cotta, berretta e guanti rossi, e veneratele divotamente, quindi in mezzo a due canonici ne fece l’ostensione al popolo, e con esse lo benedì. Alla sua morte, il capitolo gli celebrò un decoroso funerale; ed in una pittura del Vaticano si rappresenta la sua vestizione in canonico.

Clemente XI nel 1717 permise a Giacomo III re (?) cattolico d’Inghilterra, di venerare nel vestibolo il Volto Santo e la SS.Lancia, per l’autorità del breve Ut Clarissimus, del 31 maggio. Quando nel 1733 passò per Roma il nuovo vicerè di Napoli d. Giulio Visconti milanese, Clemente XII lo fece incontrare, l’alloggiò al Quirinale, tenne seco a Pranzo, e dalla loggia della Veronica gli fece mostrare le 3 SS.Reliquie maggiori.

Pio VII permise che Carlo Emanuele IV re di Sardegna (e poi edificante gesuita), e la regina sua moglie la ven. Maria Clotilde di Francia, avessero la spirituale consolazione di venerarle e baciarle nel vestibolo del santuario; ed altrettanto accordò nel febbraio 1801 alla pia arciduchessa Marianna d’Austria, dopo aver essa preso la ss. Eucaristia nella basilica, ed i canonici dopo averne appagata la sua divozione, colle medesime SS.Reliquie dalla loggia benedicono la di lei corte, e il popolo che vi si trovava. Pio VII a’ 7 aprile 1806, dopo la cappella della 2^ festa di Pasqua, si trasferì colla sua corte nobile alla visita della basilica Vaticana, e poi preceduto da torce accese si portò nel sagrario della Veronica servito da due canonici. Orato alquanto innanzi alle 3 SS. Reliquie maggiori, benignamente permise che ciascuno di quelli del seguito si accostasse a venerare sì gloriose memorie dell’umana redenzione.

Rilevai nel vol. IX, p. 38, che anticamente la cappella papale dell’Ascensione si celebrava nella basilica Vaticana, e che dopo la messa eravi l’ostensione del Volto Santo. Descrissi poi ne’ vol. VIII, p. 316, IX, p. 33, come il Papa nel Venerdì santo, dopo l’uffizio delle tenebre, col sacro collegio recasi nella basilica Vaticana, all’adorazione delle ss. Reliquie maggiori del Volto Santo, della SS.Lancia e della SS.Croce, previa la recita d’alcune preci; e come il Papa nella solennità di Pasqua, dopo il pontificale, co’ cardinali venera le medesime, senza le consuete preci, avvertendo che nelle benedizioni colle medesime, queste alla presenza del Papa non si danno in meno della loggia, ma nelle parti laterali, in majestatis Pontfìciae reverentiam. Queste tre insigni e preziosissime ss. Reliquie, secondo l’ antico rito illustrato dal Muretti, De rito Ostensionis Reliquiarum, annualmente mentre si mostrano dalla detta loggia, nel parapetto sono 4 grandi cornucopii ciascuno con due torcie accese di cera bianca, e di cera gialla ne’ giorni dì Mercoledì, Giovedì e Venerdì Santo. Si mostrano quindi: nella 1^ domenica dopo l’Epifania, e nel lunedì di Pentecoste, all’arciconfraternita di S.Spirito in Sassia. Nel mercoledì santo, dopo il mattutino delle tenebre. Nel giovedì e venerdì santo, più volte al giorno, e dopo il mattutino del 2° al Papa e a’ cardinali, accompagnati da que’ che hanno luogo in cappella e dalle loro corti. Nel Sabato Santo, la mattina dopo la messa. Nella Pasqua di Risurrezione, dopo il pontificale, al Papa, ai cardinali, ed a tutti i personaggi che hanno fatto parte della funzione. Nel seguente lunedì, prima e dopo il vespero, con tutte le altre SS.Reliquie, di cui è doviziosa la basilica. Nella festa dell’Ascensione, dopo la messa. A’ 3 maggio per la festa dell’Invenzione della SS.Croce, dopo la messa e dopo il vespero. All’8 novembre anniversario della dedicazione della basilica, dopo la messa e dopo il vespero. Nelle due feste della Cattedra di s.Pietro in Roma a’ 18 gennaio, e della Cattedra di S.Pietro in Antiochia a’ 22 febbraio. Fuori di tali giorni , e altri negli Anni Santi, le tre SS.Reliquie maggiori non ponno mostrarsi ad alcuno, senza uno speciale indulto pontificio. E però si leggono nel Bull. Ras. Pat. vari diplomi di Clemente VI, t. 2, p. 18 ; di Urbano V, t.t, p. 364, e t. 2, p. 18; di Eugenio IV, t. 2, p. 374, in Append. p. 15 ; di Leone X, t. 2, p. 4, 6, 16, e di altri Papi, da cui apparisce la concessione di questa grazia, fatta però di giorno e a porte chiuse, sebbene a tempo de’ nominati Papi vi fosse il solo Volto Santo.

Nelle calamità della Chiesa, in quelle di Roma, e dello stato e Sovranità della S.Sede, pel Terremoto, Pestilenza, inondazione del Tevere e guerre, i Papi fecero mostrare al popolo il Volto Santo, e poi anche la SS.Lancia, e quindi pure la SS.Croce; massime pe’ Giubilei straordinari, e per le Processioni di penitenza, come si può vedere ne’ ricordati articoli, onde implorare la Divina misericordia e il celeste aiuto.

Accennai nel vol. LXXIII, p. 60, le fervide preghiere ordinate nel 1854 dal Papa Pio IX, per la definizione dogmatica dell’Immacolato Concepimento di Maria che con divoto entusiasmo celebrai in quel vol., p. 42 e ne’ successivi, come annunziò il cardinal Patrizi vicario di Roma con invito sagro che mi sta davanti, de’ 28 novembre, riprodotto nel n. 275 del Giornale di Roma del 1854. Pertanto venne ingiunto che: “Nella prima domenica dell’Avvento 3 dicembre, nella patriarcale basilica di s. Pietro in Vaticano, si collocheranno sopra un altare (noterò che fu quello del ss. Sagramento, e collocate le SS.Reliquie sotto baldacchino, acciò vi potessero celebrare i moltissimi de’ vescovi venuti in Roma ad assistere al grande atto, e molti lo fecero) le insigni Reliquie del Volto Santo, della Lancia, e della SS.Croce, e vi resteranno esposte fino a tutta la mattina del seguente giovedì 7”. (Pregato da me il Rev. d. Enrico Debellini sotto-archivista della basilica, a dire, se e come altre volte ebbero luogo simili esposizioni, n’ebbi in cortese risposta: Non vi è esempio anteriore, che le tre ss. Reliquie maggiori siano mai state esposte in altri tempi in altare alcuno della basilica). Inoltre l’invito sagro ordinò alla basilica Liberiana, ne’ medesimi giorni e modo, l’esposizione della SS.Culla o Presepio. A’ 9, 10 e 11 dicembre nella chiesa di s. Croce in Gerusalemme, l’esposizione della ss. Croce e del Titolo della medesima. E ne’ detti giorni nella chiesa di S.Pietro in Vinculis, l’esposizione delle Catene dì S.Pietro. Il Papa accordò l’indulgenza plenaria per una volta a chiunque visitava divotamente l’enunciate insigni Reliquie, previa la confessione e comunione.

La copia per la duchessa Sforza

Una signora della famiglia Sforza domandò con molte preghiere al Papa Gregorio XV del 1621, che le fosse concesso di poter far trarre da un pittore l’effigie del Volto Santo identicamente, e della stessa grandezza di quello che si conserva e venera nella basilica Vaticana. Essendo stata favorevolmente accolta dal Pontefice la domanda, dopo che fu eseguita la copia della ss. Immagine, la dama ne fece dono alla casa professa di Roma della Compagnia di Gesù, onde fosse conservata e venerata nella cappella delle divote stanze abitate dal glorioso fondatore della medesima s. Ignazio Lojola, del pregio religioso delle quali parlai nel vol. XXX, p. 172. Indi fu messa nella propinqua chiesa del ss. Nome di Gesù, alla pubblica venerazione, ed ornata con corona d’argento. In seguito dell’infausta soppressione avvenuta nel 1773, Clemente XIV ad istanza di mg. Guglielmo Pallotta tesoriere generale (e non pro, e neppure allora cardinale, come dice il 2.° de’ brevi, di cui vado a far menzione; fu Pio VI che l’elevò alla porpora e nel 1777, ed allora divenne pro) donò questa immagine alla cappella esistente dentro il S.Monte di Pietà di Roma; e col breve Sacram Montis Pietatis aedem, de’ maggio 1774, Bull Rom. cont. t. 4, p.717, concesse indulgenza plenaria a tutti coloro che ne’ giorni di venerdì delle settimane di Quaresima, come pure in lutti que’ giorni in cui si mostrano le tre SS.Reliquie maggiori nella basilica Vaticana, confessati e comunicati visitassero quella cappella, e recitassero avanti la detta sagra Immagine del Volto Santo, le consuete preci prescritte a tal uopo. Ripristinata la benemerita compagnia di Gesù, il p. Bartolomeo Avesani procuratore generale della medesima, fece istanza al Papa Leone XII, acciò fosse restituita la SS.Immagine al luogo donde era stata tolta. Il Papa col breve Salutis nostrae spe 5,de’ 16 febbraio 1825, Bull. Rom. cont. t.16, p. 300, in attestato di benevolenza verso la lodata compagnia, ordinò a mg. Belisario Cristaldi tesoriere generale, di far riportare nella cappella delle camere abitate da s.Ignazio la ss.Immagine, onde restando nuovamente in essa in venerazione, fosse conseguito pienamente lo scopo della donataria. Ed affinché non rimanesse privo d’effetto il beneficio di Clemente XIV, dell’indulgenza concessa a’ visitanti la ss. Immagine del Volto Santo, Leone XII la confermò negl’indicati giorni, tanto quando la SS.Immagine si trasportasse nella contigua chiesa del SS.Nome di Gesù, quanto quando rimanesse nella cappella dell’anzidette stanze, cioè ne’ giorni de’ venerdì di Quaresima e negli altri sunnominati. In ogni mattina dei venerdì di Quaresima la SS.Immagine si espone nella chiesa all’altare di S.Francesco d’ Assisi, propinquo all’altare maggiore, dalla parte dell’Epistola. Recatomi nella chiesa del SS.Nome di Gesù, ottenni di venerare, baciare e osservare da vicino la SS.Icone, la quale muove a divozione, ma non ha più la corona d’argento. Essa è collocata in mezzo a grande cornice di legno dorato tutta ornata e coperta di lastre di specchi, con decorazioni di cordoni di cristallo, la SS.Immagine essendo difesa da un cristallo. La cornice è sovrastata da 3 monti di legno dorato, sui quali si erge un Crocefisso, e nella base de’ monti si legge l’epigrafe: Volto Santo. Di dietro alla cornice vi è la dichiarazione, che fu copiata dal vero della basilica Vaticana con permesso di Gregorio XV, e fatte due copie, una per la cognata del Papa duchessa di Fiano, l’altra per la duchessa Sforza, ch’è la presente, con pena di scomunica a chi ne cavasse copia. Noterò, che Gregorio XV Lodovisi regnò da’ 9 febbraio 1621 al 8 luglio 1623. Che ebbe a fratello d. Orazio conte e senatore bolognese, il quale a’ 7 giugno 1621 comprò il ducato di Fiano, per cui la sua consorte Lavinia Albergati divenne duchessa di Fiano. Indi le proprietà ed i cognomi Ludovisi e Boncompagni, con tutte le onorificenze, si riunirono in una famiglia, della quale poi si formarono due rami, de’ principi di Piombino, e de’duchi di Fiano Ottoboni. Ora in ambedue l’eccellentissime case, avendo io fatto ricerca dell’altra copia del Volto Santo, rilevai non più esistere; quindi la superstite che si venera nella chiesa del ss. Nome di Gesù, di natural conseguenza, è divenuta più insigne e preziosa.

Tuttavia non debbo tacere di altra copia del Volto Santo, che vi ha relazione. Il nobilissimo e virtuoso conte Giovanni Vimercati (di cui nel vol. XCVIII, p. 80), possiede e tiene in particolare venerazione nella sua cappella domestica di Roma una copia della vera effigie del Volto Santo, come dichiara una pergamena posta in cornice con cristallo, quasi autentica della medesima SS.Icone. Si legge in essa, che fu tratta da quella fatta copiare dalla venerata in S.Pietro di Roma da Gregorio XV, e da questi donata a S.Francesco Borgia, con pena di scomunica a chi ne ricavasse copia. Però Clemente XI pregato da una religiosa, a questa permise di far copiare tale Volto Santo, e venne eseguito con ogni possibile diligenza. Che indi fu donato a Marco Pedicone. Si avverte poi, cadere in pena di scomunica facendone altra copia: doversi tenere con venerazione, e soltanto da un sacerdote portarsi a’ moribondi per aiuto di loro anime; e che orando innanzi di essa si lucrano le indulgenze concesse da’ Papi. Questo in sostanza è il tenore della pergamena. Ma esaminata da me la pergamena, non vi trovai traccia di sottoscrizione o sigillo, che le desse una qualche autenticità. Anzi, quanto al tenore, rilevai l’anacronismo del dono, perché tutti sanno come s. Francesco Borgia 3.° generale della Compagnia di Gesù, volò al cielo a’ 30 settembre o nel 1^ ottobre 1572; e che Gregorio XV, come poc’anzi ho detto, divenne Papa nel 1621 Probabilmente, traendosi tal copia da quella suddescritta e tuttora posseduta dalla casa professa del SS.Nome di Gesù di Roma, si suppose dallo scrittore della pergamena, seguendo forse qualche inesatta tradizione, donata dal Papa al Santo, senza por mente che quest’ultimo non era più tra’ viventi. Quanto poi alla somiglianza della copia del Volto Santo dell’encomiato conte Vimercati, con l’altra della chiesa del SS.Nome di Gesù di Roma, la trovo alterata siccome fatta troppo ammanierata ne’ lineamenti e anco alquanto colorata di pallore; particolarità che non venerai tanto marcate ne’ nell’esemplare da cui si crede ricavata, e molto meno dal sacrosanto originale. Nondimeno si può piamente credere probabile copia del Volto Santo della chiesa del SS. Nome di Gesù quella del conte Vimercati.

Sindoni e Sudari

Come in diverse chiese si venerano varie Sindoni e Sudarii di Gesù Cristo , cosi in altre sono in venerazione parecchie effigie della Veronica, o immagini del Salvatore non manufatte, ed in quest’ultimo articolo ne ricordai alcune, altre nei luoghi ove si trovano. Si può vedere: Alfonso Paleotti, Jesu Christi Crucifixi Stigmata sacrae Sindoni impressa, cum interpretatione Danielis Mallonio, Venetii 1606. P. Bonafamiglia, Historia della s. Sindone di Christo Signor Nostro, Roma 1606. P. Lazzaro Giuseppe Piano, Commentarii sopra la ss. Sindone venerata in Torino. Nel t. 1, lib. 1, p. 85, Com. 4: Si esamina il parere di chi pensa altro non essere parecchie Sindoni sepolcrali di Gesù Cristo, fuorché copie di qualche vera Sindone e prodigiosamente formate, o santificate solo dal contatto della originale. Questa opinione, egli dice, ammessa da parecchi per escludere la moltiplicità delle Sindoni sepolcrali, in parte è vera ed in parte è falsa. Ne’ trascorsi secoli si venerarono con ispecial divoto affetto alcuni pannilini, perché essendo stati soprapposti a quelli ne’ quali Gesù Cristo per un tratto singolarissimo della sua bontà verso gli uomini avea lasciata impressa la sua effigie, rimasero per divina virtù anche i medesimi nella stessa guisa effigiati. Ciò non deve recar meraviglia, se per testimonianza di S.Paolino, si moltiplicò per un certo qual tempo il legno della Croce vera, affinché tutte le chiese del mondo ne fossero provvedute. Ma siccome non può negarsi la divina moltiplicazione della sagrosanta effigie del Redentore sopra alcuni pannilini, non per questo si può concludere essere di tal natura i santi Sudarii, che servirono a involgere l’adorabile suo corpo. Questi, generalmente parlando, o sono affatto bianchi, come quello di Compiegne, ovvero macchiati di sangue e di profumi a somiglianza di quello di Cadovin. Quanto agli altri contenenti l’effigie del Signore non esprimono il solo di lui volto, secondo che scorgesi nel Sudario della Veronica, e in altri non sepolcrali; ma bensì tutto il corpo, i quali sono soltanto due, cioè que’ di Besancon e di Torino, colla diversità che questo esprime la parte davanti di tutto il corpo, l’altro rappresenta quella di dietro. Ragiona nel lib. 1, p. 139, Com. 3: Si risponde alla difficoltà di cert’uni, i quali dandosi a credere, che la nostra Sindone sia il Sudarium Capitis, di cui parla il ven. Beda, pretendono, che fosse generalmente nota prima delle Crociate, ed onorata con pubblico e solenne culto. Tratta poi nel t. 2, lib. 8, p. 289, Com. 4: Si richiama ad esame una difficoltà di Calvino ricavata dalla moltiplicità delle Sindoni, e rinnovata dagli Enciclopedisti. Ed a p. 297, Com. 5: Si confuta un’altra difficoltà ricavata dal costume degli antichi di rappresentare altresì sopra Sindoni il nostro divin Salvatore straziato e morto.

L’Immagine Edessena

Della celebre immagine Edessena, o Volto Santo, cioè dell’effigie provata da Gesù Cristo mandata ad Abagaro o Abgaro re armeno di Edessa, riparlai nel vol. LI, p. 305, 308e seg. ivi citando diversi volumi ne’ quali ragionai, se è quella che si venera in Genova, ovvero quella che si venera in Roma nella Chiesa di San Silvestro in Capite, delle monache di S. Chiara francescane, delle quali parlai pure nel vol.XXVI, p. 189. Comunemente si vuole che la vera immagine Edessena, rinomata per la liberazione degli energumeni, si veneri in Genova nella chiesa di S.Bartolomeo, notata ne’ Menologi greci a’ 16 agosto, per l’ anniversaria memoria che se ne celebrava in tutte le chiese di Oriente: Commemoratio formae non manufactae Domini, et Dei Salvatoris J. C. ex Urbe Edessa. Tuttavolta buon numero dì scrittori sostengono esser quella della chiesa di S. Silvestro in Capite e non una copia miracolosamente tratta dall’originale, come pretendono i propugnatori della genovese. Scrisse il Terzi nella Siria sacra, p. 92, che del re Abgaro sì ha in Eusebio due lettere, una scritta al Redentore,ed altra a lui responsiva, affermando averla fedelmente estratta dall’archivio della chiesa di Edessa; ma Papa s. Gelasio I la giudicò apocrifa. E’ però indubitato, che Abgaro fu principe piissimo e zelante della religione cristiana, come attesta S.Epifanio: Abgaro mitem Edessenorum principi viro sandctssimo. Ma l’infelice, nella spedizione del romano imperatore Antonino Caracalla fu vinto, racchiuso in carcere, e spogliato colla vita del regno, come può vedersi in Erodiano. Il Terzi benché riporti diverse notizie della chiesa di Edessa, e de’ suoi primi vescovi, nulla dice sulla celebrata SS. Immagine Edessena del Volto Santo. Il p. Piano riferisce essere stata la prodigiosa Effigie portata da Edessa a Costantinopoli nel 944 da Costantino VI Porfirogenita imperatore greco, ovvero sotto l’Impero di Romano I Lecapepe o Lecapeno (il quale leggo nel Bercastel, Storia del Cristianesimo, t.11, p. 150, la comprò per 200 saraceni, probabilmente fatti prigioni, e 12.000 monete d’argento. Il Porfirogenita narrò una quantità di prodigi accaduti nella sua traslazione, oltre gli anteriori. Vi giunse a’ 15 agosto, e fu deposta nella chiesa della Madonna di Blacherne, e nel dì seguente nella chiesa principale di S.Sofia, per renderle un culto più splendido. Finalmente fu trasferita nella chiesa del Faro, ch’era la precipua delle cappella del palazzo imperiale), e vuolsi che sia quella di Genova, esistente in sontuosa cappella nella chiesa di san Bartolomeo, e verso il 1300 (o più tardi) l’ebbe in dono (dall’imperatore Giovanni I Paleologo del 1341) il doge di Genova Leonardo Montaldo, che verso il 1384 in morte la lasciò a’ basiliani armeni di sua patria, da’ quali colla chiesa passò a barnabiti, che ne sono in possesso. La SS. Reliquia si venera al di sopra del suo altare in preziosa cassa chiusa con 11 chiavi, le quali custodiscono i principali della città. Paolo del Monte Latre rinomatissimo monaco, bramando per sua divozione d’avere un pannolino che avesse toccato questa immagine, non così tosto vi venne sopra collocato, che al riferire del Bzovio continuatore del Baronio, vi restò pur effigiato tal divin Volto. E da notare, che il Baronio scrisse: Fu per divina Provvidenza portata in Roma la veneranda Effigie Edessena, dove tutt’ora si venera nel titolo di S.Silvestro. Ed il Bzovio: Che si venera in Genova. Principale difensore che Genova si gloria di possedere l’immagine Edessena, fu il barnabita p. d. Paolo Picconi, il quale dedicò al correligioso mg.’ Luigi Lambruschini arcivescovo di Genova  e poi amplissimo cardinale: Notizia istorico-critica della prodigiosa Effigie di N. S. G. C. volgarmente denominata il Santo Sudario, che si venera in Genova nella chiesa di S.Bartolomeo già de’ basiliani armeni, ora de’chierici regolari di S.Paolo, detti barnabiti, Genova 1828. Si custodisce in un tabernacolo nella magnifica cappella eretta verso il 1595 da Francesco Ferrario, ivi esponendosi in nobilissimo palco solennemente all’adorazione de’ fedeli nelle 3 feste della Pentecoste (dal 1537 in poi, prima per decreto del 1508 esponevasi nelle 3 feste di Pasqua), Dio avendo premiato il culto della SS.Immagine con molteplici prodigi. Il p. Picconi stima la romana SS.Immagine una copia dell’originale genovese, confutando il Giacchetti e il suo opuscolo: Iconologia Salvatoris, che seguiì l’opinione del p. Gonzaga e del p. Wadingo, contro l’asserto del p. Bzovio. Non conosco tale libro, ed in vece ho eziandio sotto gli occhi la già citata altrove: Historia della ven. Chiesa et monastero di s. Silvestro de Capite di Roma. Compilata da antichi scritti, gravi autori et apostoliche bolle. Per Giovanni Giacchetti Serrano, Roma 1620. Dopo aver a p. 23 e seg. accennato e confutato l’opinione di quelli che dicono l’immagine Edessena e il capo di S.Gio. Battista, che si venerano in tale chiesa, trasferiti a Roma a tempo di Papa San Paolo I, ambo portati dall’Oriente, da’ monaci benedettini greci, notifica aver nel precedente 1628 pubblicato in Roma due libretti: Iconologia Salvatoris: Karilogia Salvatoris; quindi riconosce, che nel pontificato di san Paolo I del 757-67, non poteva esservi trasportata la SS. Immagine, poiché da Edessa soltanto nel 944 fu a Costantinopoli da Costantino VI Porfirogenito. Ragiona poi nel cap. 5: In che modo altre chiese oltre questa di s. Silvestro in Capite di Roma, possino dirsi di custodire la ss. Immagine Edessena, e la sagra testa di s. Gio. Battista. Comincia col ripetere la risposta fatta dal cardinal Baronio: possidete ut possidetis. Non doversi meravigliare se altra altrove si conserva, poiché da questa, che il Signore formò avanti la sua Passione, e mandò ad Abgaro re, in processo di tempo, due altre simili figure furono espresse miracolosamente. Una fu quella colla quale l’imperatore Eraclio riportò segnalate vittorie nell’Africa, come con questa l’imperatore Maurizio mirabilmente prevalse e più d’una volta vinse i persiani. Delle quali due immagini avea scritto di recente il gesuita p. Gretsero: Syntagma de Imaginibus manu non factis. Altra immagine simile all’Edessena è quella tratta con velo sovrapposto da Paolo di Latrio santo eremita, in Costantinopoli. Perciò oltre quella della chiesa di s. Silvestro, esservi due altre miracolose immagini Edessene, derivate da quella, una delle quali onorevolmente conservasi, come si dice, in Genova. Ma non si lascia di confermare, che delle tre predette, questa di Roma sia la prima; poiché oltre la sicura traditione, e confermatione di que’ fedeli, e cattolici, che la portarono con altri orientali in Roma; oltre altre ragioni esposte nella nostra Iconologia, per trovarsi alquanto foscha nel volto, et a poco a poco ombrata per il più lungo tempo, e varie mutationi di luoghi, che ha fatte da quel tempo che Christo Signor nostro la formò; si scorge evidentemente, e per sé stessa dà indubitato argomento, e segno d’essere la prima, e prototipa d’altre due somiglianti”. Nel cap. 13: Delle feste che si celebrano nella chiesa di S.Silvestro, avverte che in quelle dell’Epifania e della Trasfigurazione, a’6 gennaio ed a’6 agosto, con particolare divozione in essa si solennizza la SS. Immagine. A’ 15 agosto si celebra l’anniversaria memoria della traslazione della medesima in Costantinopoli, ove e in altri luoghi, da’ greci si celebrava con processione, e così fecero quelli del contiguo monastero di S.Silvestro; anzi dopo i secondi vesperi d’altri giorni solevano portarla processionalmente intorno al chiostro, per implorare il divino aiuto.

Nel seguente secolo l’altro sacerdote Giuseppe Carletti romano, ci diede le ricordata altrove: Memorie istorico-critiche della chiesa e monastero di s. Silvestro in Capite di Roma, ivi 1795, colla bella immagine del Volto del Redentore dal medesimo mandato ad Abagaro, e duplicato prodigiosamente. Dirò alquante parole del cap. 8: Della Immagine Edessena venerata in questa chiesa.

Vicende dell’immagine

Narrato come il Salvatore in Gerusalemme, appressatosi un panno al volto v’imprimesse la sua effigie, mandandola ad Abagaro, per compiacere il di lui buon desiderio; in uno alla risposta della lettera avuta dal re; le offre col lesto e le difese fatte di tali lettere, contro i censori di esse.

Riprodusse ancora la descrizione del volto di Cristo, da Lentulo inviata al senato romano; e quella di Niceforo Calisto. Suona quella di Lentulo: “Egli ha la faccia venerabile, e provoca a chi lo guarda timore, rispetto e amore. Ha i capelli del colora dell’avellane mature, molti e eguali sino all’orecchie, indi crespi e rossi, ma più chiari e lustri de’ superiori: giungono alle spalle alla foggia de’ nazareni. Eguale è la fronte, bella e senza macchia; ed è adorno il suo volto di vivo colore e acceso. Nella bocca e nel naso non vi è che emendare. Ha la barba folta del medesimo colore de’ capelli, divisa per mezzo e non molto lunga: il guardo grave ed onesto, gli occhi chiari e risplendenti. Nel riprendere è terribile; nel consigliare grave e piacevole. Nella faccia mostra allegrezza con gravità etc.”

Racconta poi, come Abagaro esultante di venerazione pel sagro Volto, che ora possiede questa chiesa, con real fregio d’oro lo fece esporre sulla porta della città, con queste parole incise su aurea lamina: Christe Deus, qui in te sperat, a spes non excidit. Gli edesseni s’infervorarono a ritenere, che la città mai sarebbe caduta in mano nemica, e lo provarono quando inutilmente Cosroe II re di Persia tentò di espugnarla. Assediata nel 944 dagl’imperiali, scemata la fede de’ cittadini, questi offrirono per la liberazione al Porfirogenito il Sagro Volto del Redentore, ed accettato la città restò libera. Decorosamente fu portato a Costantinopoli, e gloriosamente fu collocato nel tempio a tutela dell’impero. Come e quando pervenne a questa chiesa, s’ignora: il Giacchetti opinò, mentre era ufficiata dai greci, e colle ss. Reliquie. Il Baronio e il Sandini vi riconobbero un tratto della divina Provvidenza, e il Carletti se ne compiace, senza togliere a Genova la sua, che qualifica miracolosa posteriore riproduzione di questa.

Come l’immagine edessena giunse a Roma

Non mancano autorevoli scrittori che assegnano la traslazione in Roma sotto Innocenzo III, dopo che i Iatini nel 1202 conquistata Costantinopoli, si divisero i sagri tesori parlati in più luoghi.

Altra opinione è quella di Pietro Antonio Petrini autore delle patrie Memorie Prenestine. A piena intelligenza di essa devo premettere fugace digressione, con tali Annali a p. i 37 e seg. Nel 1277 la b. Margherita Colonna sorella del cardinal Giacomo, de’ signori di Palestrina, tratta da vocazione religiosa, si ritirò sul Monte Prenestino o Castel s. Pietro, che sovrasta tale città, e ti racchiuse in uno de’ palazzi paterni. Dopo qualche tempo concepì il pensiero di fondare un monastero, e l’effettuò sotto l’ordine francescano. Sentendo poi che in Roma eravi una donna di santa vita, vi si recò e volle vivere alcuni giorni sotto la sua direzione, e la serviva come una vile fantesca, non sortendo di casa se non per compiere gli atti di religione “e per andare alla basilica Vaticana a visitare il Volto Santo, o sia il Sudario della Veronica, verso di cui nutriva una particolare divozione”. Tornata al Monte Prenestino, volò al cielo al 30 dicembre l284 nel monastero fondato da lei in esso, lasciando alle sue figlie spirituali grandi esempi di virtù. Il minorile fr. Nicola da Canino, che abitava nell’eremo di Civitella, celebrò nel giorno che fu esposto il suo cadavere nella chiesa parrocchiale di s. Pietro, e al modo che dissi nel vol. CII, p. 80. La morte della serva di Dio eccitò un pianto universale ne’ poveri che la riguardavano per madre, ed una viva fiducia negl’infermi d’ottenere a suo mezzo da Dio la guarigione. Al suo sepolcro molti accorsero per ottenere la sanità; vi vennero anche due sorelle della beata con Barbara zitella romana, e fu tale la divozione in loro destatasi, che vollero vestirsi religiose nel nuovo monastero, ove si osservava perfetta clausura, ma non eravi stata per anco introdotta veruna delle regole approvate dalla s. Sede; il che bramando le pie verginelle, supplicarono Papa Onorio IV a voler loro assegnare quella di s. Chiara, e l’esaudì nel 1285 pel tramite del loro vescovo cardinal Masci, poi Nicolò IV, il quale a tale effetto portossi sul Monte Prenestino, e convocate in capitolo le monache, fece loro accettar la regola, e seguì l’elezione della badessa. Il cardinale tutto notificò al Papa, il quale non solo approvò l’operato, ma quasi presago della non lontana desolazione di Palestrina, ad istanza del cardinale, volle che le novelle religione, ch’erano buona parte gentildonne e dame, venissero a dimorare in Roma, assegnando ad esse il monastero di s. Silvestro in Capite, dove in fatti si trasferirono ne’ primi giorni d’ottobre (Nel monastero prenestino nel 1294 s. Celestino V pose i suoi celestini; vi dimorò poi il b. Jacopone da Todi, e vi si ritirò pure il cardinal Giacomo Colonna in discordia con Bonifacio VIII, il quale quando fece abbattere Palestrina, fece pur distruggere Castel s. Pietro, composto allora di 200 case e di alcuni palazzi; indi edificato colla città, e con essa saccheggiato dal duca d’Alba. Anticamente al monastero di s. Silvestro apparteneva la Colonna Antonina). “E notano gli scrittori, che in tale occasione (qui comincia il brano riprodotto dal Carletti, e ricavato dal Petrini, come io pure sto facendo), coll’assenso del cardinal Masci, non solo le ossa della b. Margherita, a di alcuni Colonnesi ch’erano stati sepolti nella chiesa parrocchiale del Monte Prenestino (Notai altrove, che a’ 17 settembre 1847 la s. Sede, col breve di Papa Pio IX, Circa medium, riconobbe il pubblico culto della b. Margherita. E qui avverto, che va corretto il voi. XIII, p. 41 ove dicesi che la beata fu superiora del monastero), ma pur anco molte sagre reliquie, fra le quali credo io vi fosse un divoto Sudario chiamato Immagine Edessena, che conservasi ora presso quelle religiose; e credo ciò perché i nostri vecchi ci hanno lasciato scritto che in un vuoto, esistente ancora sull’altare dei ss. Biagio e Rocco dell’anzidetta parrocchiale (Dirò io: a carnu epistolae del maggiore, e sotto l’arco di quell’altare esiste una piccola nicchia o ciborio di stile gotico, con due colonnine laterali, tutto di marmo. È pia e costante tradizione tra’ prenestini, che ivi sia stato un tempo conservato il Volto Santo; corroborata da una prolissa iscrizione marmorea esistente nella stessa chiesa di s. Pietro, in cui si legge: Diuturna hic olim osservati Sancti Vultus custodia clarum. In breve articolo consagrato al Volto Santo, a me importava chiarire questo punto. Quanto all’iscrizione, essa celebra l’elegante abbellimento e restauro di Clemente XII, che inoltre donò il corpo di s. Clemente martire, di nome imposto, a istanza di Cesare Stefano Mocci), vi era anticamente un Volto Santo, il quale fu trasportato in Roma; ed io non veggo in quella metropoli altra reliquia corrispondente a questa, fuori che la suddetta immagine, ed il Sudario della Veronica, di cui è in possesso la basilica Vaticana da tempo immemorabile.” Soggiunge il Carletti, considerando, che la Colonna ove co’ Flagelli aspramente fu battuto il Redentore, la donò alla chiesa di s. Prassede suo titolo il cardinal Giovanni Colonna nel 1223 (acquistata nella sua legazione per la crociata di Soria), congettura che ne’ potenti Colonnesi pervenisse pure l’immagine Edessena, che probabilmente collocarono nel tempio di s. Pietro (in gran venerazione per avervi il Principe degli Apostoli predicato la fede, e perché vuolsi edificato da Costantino I, ed ove nella statua rinnovata nel detto 1732 da ua discepolo del Rusconi, è rappresentata come nella Vaticana, s. Pietro a cui il popolo ha sempre usato baciargli il piede. La consagrò nel i792 Giuseppe Graziosi vescovo d’Anastasiopoli e ausiliare del vescovo cardinal Colonna), e quindi le monache portarono seco loro in Roma, ovvero vi fu trasferita nell’eccidio del luogo, pel quale se ne perderono i documenti. I Colonnesi inoltre furono benemeriti della chiesa e del monastero. Sospetta ancora, che forse l’avesse avuta il cardinal Giacomo Pecoraria vescovo di Palestrina, da Gregorio X già suo maggiordomo, che nel 1271 si trovava legato de’ crociati in Siria quando fu eletto Papa. E ricorda, dopo diversi argomenti analoghi, varie cose di cui s’ignora la derivazione; certa essendo l’esistenza del prodigioso Volto Santo nella chiesa di s. Silvestro in Capite, e forse portato dui greci fuggiaschi dall’Oriente nella persecuzione delle sagre Immagini, corroborando la tradizione dell’identità dell’effigie Edessena la marmorea iscrizione, che recita, ed esistente in quel tempio; insieme alle lapidi che provano eziandio in esso l’esistenza dell’immagine della ss. Vergine, che dicesi dipinta da s. Luca, e già venerata anch’essa in Edessa. Anche il capo del s. Precursore si vuole proveniente da Edessa. Nelle lunette della cappella della chiesa vi è pure dipinto Abagaro re d’Edessa infermo, in atto di risanare nel ricevere la prodigiosa effigie del Redentore. L’altare interiore del coro d’inverno, presso dell’organo, porta questa leggenda incisa in legno: Sagro Imago Domini Salvatoris ad Abagar Regem-Sacrum Caput divi Joannis Baptistae Praecursoris Domìni – Et aliae permultae venerandae Reliquiae Sanctorum.

Il Marangoni, a p. 70 e 235, non poco parla della ss. Immagine Acheropita Edessena, di sua storia, e riconosce venerarsi in S. Silvestro in Capite; dalla quale, attesta, che in vari tempi ne furono fatte infinite copie, così dipinte in tela, come stampate in rame, e quali più e quali meno colorite e venuste, e queste accrescono ne’ fedeli la venerazione e il culto all’unico e supremo Salvatore e divino originale che siede in Paradiso alla destra dell’Eterno Padre. Il dotto mg. d. Arsenio Avak-Vartan Angiarakian arcivescovo di rito armeno di Neocesarea del Ponto, con residenza in Tokat, ci diede da ultimo l’eruditissime: Notizie storiche sulla città e sede episcopale di Edessa, Roma 1857. Narra a p. 13 «Edessa ebbe il vanto di posseder per più secoli l’augusta effigie del Redentore, mandata, com’è tradizione nazionale, al re Abgaro prima della sua Passione. Dopo la morte del santo re Abgaro, avendo prevaricato i suoi figli dalla fede cristiana, il santo vescovo Agis, che era stato battezzato unitamente al re da s. Taddeo apostolo primo vescovo d’Edessa, e consagrato suo successore nell’anno 43 di nostra era, per sottrarre il Volto Santo alla giustamente temuta profanazione, lo murò di nottetempo in una nicchia esistente sur una porta della città, mettendovi insieme una lucerna accesa; e poi fu martirizzato, d’ordine d’Anuano figlio del re Abgaro. Poscia circa il 624 Cosroe II assediando Edessa, disperati i cristiani per l’imminente pericolo, ricorsero a Dio con pubbliche orazioni. Nella notte al vescovo Eulalio apparve una maestosa Matrona, con sembianza più divina che umana, e gl’indicò il sito in cui era nascosta la ss. Immagine del Redentore, la quale trovata avrebbe salvata la città e gli abitanti. Recatosi il vescovo nel luogo indicatogli, la trovò ancora colla lampada accesa, e fu compreso cogli edesseni d’inenarrabile letizia, e tosto resero con inni azioni di grazie alla B. Vergine ausilio dei cristiani. Presentato quindi sulle quasi crollanti mura al nemico l’adorabile Ritratto del Salvator del mondo, di repente si ritirò vergognosamente. Quindi per opera e impegno di Romano imperatore greco, dipoi nell’anno 944 fu trasportato in Costantinopoli, e collocato con grande venerazione nella sontuosa basilica di s. Sofia. Questo Volto Santo presentemente si conserva nel ven. monastero di s. Silvestro in Capite in Roma, presso le sagre vergini clarisse figlie del Serafico patriarca d’Assisi: sebbene da altri si crede essere quello che si venera in s. Bartolomeo di Genova ».

Il Volto Santo di Manoppello

Del Volto Santo di Manopello, tratta il Corsignani, Reggia Marsicana, t.1, p. 443. Manopello, ex feudo de’ Colonnesi nella Marsica, ha la chiesa de’ cappuccini ove si venera la celebre immagine di Gesù Cristo, appellata  Volto Santo, depostavi nel 1506 da un pellegrino che tosto sparì. E’ dipinta con delicato modo su finissimo velo, e non pare opera umana. Questo sagro Volto è venerando e maestoso, ispirante amore e terrore. Subito si manifestò con miracoli, i quali si ripeterono in più circostanze, a vantaggio dei divoti ricorrenti.

Il Volto Santo di Lucca

Il Volto Santo di Lucca  propriamente non è che un ss. Crocefisso miracoloso. Il Papa Pio IX sirecò a venerarlo a’ 26 agosto 1857, e vi ascoltò la messa nella cappella ove trovasi nella metropolitana in cui avea celebrato l’incruento sagrifizio. Il Gretsero parla pure del Volto del Salvatore Camulianense, che si venerava nell’Oriente.

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